
Il Governo Meloni ha decretato: il 25 aprile si festeggerà ma con sobrietà, per non mancare di rispetto al lutto nazionale per la morte di Papa Francesco.
Soprassedendo alla disamina sulla figura di Papa Francesco e sui 5 giorni di lutto nazionale, il richiamo all’ordine del governo più a destra della storia repubblicana scatena una riflessione sul significato del 25 Aprile e sulla memoria della Resistenza partigiana. La sobrietà ha un significato ben preciso: il ricondurre le manifestazioni per il 25 Aprile ad un evento monotòno, innocuo ed istituzionalizzato. Una freddezza dei modi di espressione che riconduca all’alveo del non dare troppo fastidio tutte quelle celebrazioni per la Liberazione dal nazifascismo.
Si tratta quindi di un solco più profondo quello tracciato dal governo Meloni, un solco di come si deve tenere una manifestazione che ricorda il giorno più importante della nostra storia recente. Dietro la normalizzazione (o limitazione) del 25 Aprile si cela il progetto di una memoria condivisa, una memoria che accomuni partigiani e giovani repubblichini, una memoria che veda solo i nazisti come nemici e che metta da parte quell’afflato rivoluzionario ed ideologico che la lotta partigiana ha avuto. Spesso viene detto che il 25 è stato reso dai comunisti e dalle comuniste una data divisiva, che viene rivendicato da questi non permettendo una sua celebrazione unitaria. Ebbene, proprio la ricerca di una condivisione di una data che condivisa non può essere ha portato ad il revisionismo storico imperante degli ultimi anni. La nostra Costituzione nata dalla Resistenza è una costituzione partigiana, di parte. Il voler ammorbidire le differenze e diluire i contenuti ha portato ad una lenta venuta meno di anticorpi antifascisti nella società civile, un antifascismo di cuore che oggi invece è lontano, perché lontani quegli eventi.
Qui sta il punto centrale della questione: la liberazione è avvenuta 80 anni fa e quell’antifascismo del nostro paese dato per scontato per decenni è svanito, ha perso significato. Il de-significare una data rendendola solo un momento istituzionale preconfezionato ha portato a questa situazione. Ed il richiamo alla sobrietà altro non è che il tentativo goffo di un governo sempre più in crisi nel definirsi antifascista, proprio perché oggi definirsi tale non è più una caratteristica dirimente, nel completare questo lavoro di rimozione dei contenuti del 25 Aprile.
Fate piano cari antifascisti, che noi il 25 vogliamo dormire.