A quarant’anni dalla strage di Bologna

Quarant’anni fa una bomba squarciava la sala d’attesa della Stazione di Bologna, il 2 agosto 1980, ancora oggi nella città tutti ricordano cosa stavano facendo quel giorno o hanno un parente che direttamente o indirettamente ricorda ancora quella mattinata soleggiata improvvisamente oscurata da una coltre di fumo e dalle urla dei feriti e dei soccorritori. 85 i morti e 200 i feriti troppi per i soccorritori, i quali oltre alle ambulanze si affidarono anche agli autobus per portarli in ospedale.

L’ordigno, contenuto in una valigia abbandonata tra le sedie della sala d’attesa, fu così potente da provocare il collasso del tetto, la distruzione di alcuni vagoni del treno Ancona-Basilea, di una pensilina e del parcheggio dei taxi antistante la stazione. Parte del cratere della bomba è visibile a tutt’oggi nella sala d’attesa conservato, insieme ad uno squarcio nella parete, quale ricordo del più grave atto terroristico mai commesso in Italia.

Dopo tanti anni i processi che si sono seguiti hanno prima chiarito che gli esecutori materiali di tale brutale attentato furono Francesca Mambro, Valerio Fioravanti, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini dei Nuclei Armati Rivoluzionari, una formazione terrorista neofascista. Successivamente, pochi mesi fa, durante il processo a Gilberto Cavallini, sono emersi sufficienti elementi idonei ad avvallare l’ipotesi che dietro all’attentato vi fossero branche deviate dei servizi segreti e la P2 di Licio Gelli. Ciò ha spinto la Procura della Repubblica di Bologna ad avviare ulteriori indagini le quali si sono concluse a febbraio, alla sbarra saranno mandati alcuni dei principali capi dei servizi segreti dell’epoca ed esponenti della P2.

Una scoperta che ben poco ha stupito chi da anni ha seguito politicamente la vicenda, è noto come il terrorismo nero abbia, per la maggior parte della sua esistenza, ricevuto appoggio e finanziamenti da branche deviate dello Stato, da servizi segreti stranieri e dal mondo dell’industria, a cui molti ex fascisti appartenevano e di cui la lista degli appartenenti alla P2 è un esempio.

Oggi la memoria sta sbiadendo, dando coraggio ai neofascisti e ai revisionisti che organizzano marce anche in questa occasione o ad intellettuali e venditori di fumo pronti a pubblicare libri che distorcono la verità storica, confermata dai processi.

Ancor peggio vediamo anche nella cosiddetta “sinistra” non una netta contrapposizione a tali rigurgiti ma un tentativo di intestarsi determinate parole d’ordine pur di raccattare voti, lo abbiamo visto con le dichiarazioni sullo ius soli dell’attuale Presidente dell’Emilia Romagna in piena campagna elettorale, lo vediamo adesso alle regionali con le sparate sui migranti di De Luca, la destra ha fatto egemonia e il pericolo non sono tanto i gruppi neofascisti, che restano fortunatamente ancora sparuti ed elettoralmente inesistenti ma gli uomini e le donne che senza indossare la camicia nera o fare il saluto romano si sono piegati alle logiche e alla mentalità della destra, la quale ha di fatto egemonizzato quasi tutto il panorama politico italiano.

Così come negli anni ’20 e ’70, non va dimenticato come dietro alle teste rasate armate di manganello e olio di ricino vi erano persone considerate rispettabili in giacca e cravatta, personaggi senza scrupoli che non disdegnavano l’uso della violenza delle squadracce per aumentare il proprio conto in banca, magari danneggiato da scioperi o dalla contrattazione con i rappresentanti dei lavoratori. Allo stesso modo non va dimenticato come dietro quella gente, come direbbe Gramsci, vi erano intellettuali proni al potere, pronti a dare presentabilità a picchiatori e criminali.

Oggi più che mai dobbiamo tenere la guardia alta, non solo verso chi si dichiara fascista ma verso chiunque si dedica a proclami che strizzano l’occhio a tali logiche di potere. Lo dobbiamo ai partigiani che si sono sacrificati per noi, lo dobbiamo alle vittime del terrorismo nero e lo dobbiamo a noi stessi, se vorremo avere un futuro veramente libero da qualsiasi tipo di sfruttamento.

Riccardo Gandini, Coordinatore provinciale GC Bologna
Nicolò Martinelli, Resp. Naz. Antifascismo GC