Da anni noi Giovani Comunisti ci poniamo all’avanguardia nell’elaborazione teorica e nell’azione politica riguardante i diritti della comunità LGBTQIA+. La nostra lotta, così come la nostra elaborazione, trova le sue fondamenta nel concetto di intersezionalità.
Questo termine ha un significato e una funzione ben precisa: descrivere la realtà capitalistica come fondata sui rapporti tra sistemi di oppressione, andando ad accumularsi su categorie sociali specifiche che vengono più brutalmente sfruttate (donne, comunità LGBTQIA+, persone razzializzate, etc), e che dunque questi stessi sistemi vanno affrontati non in modo singolo, ma con lotte tra loro fortemente intersecate. Ciò va a significare non solo che i diritti civili senza lotta di classe sono privilegi, ma anche che la lotta di classe necessita di un proletariato coeso e capace di lottare contro l’oppressione in ogni sua forma.
La lotta di classe è internazionale e così tutte le rivendicazioni ad essa legate. L’emancipazione e la liberazione del proletariato su scala globale passa dalla solidarietà internazionale, compresa quella legata alla libertà sessuale: è infatti ben nota la criminalizzazione di cui è oggetto l’omosessualità in ben 63 paesi, di cui 8 prevedono la pena di morte.
Anche dove la legislazione ha fatto passi avanti la situazione resta tragica, i crimini d’odio commessi nel 2022 ammontano a 1052, come riportato dall’OSCE, senza tenere conto dei paesi in cui ciò è legalizzato e tollerato; di questi 635 sono sfociati in aggressioni fisiche, e alcuni anche in omicidi.
Anche qua in Europa, tra un centro-sinistra liberale che strumentalizza la questione e una destra reazionaria che attenta alle conquiste della comunità LGBTQIA+, la situazione resta critica. Basti guardare all’Ungheria, dove nel 2021 è stata approvata una legge contro la cosiddetta “propaganda LGBTQ+”, che non è nient’altro che una misura volta a limitare il dibattito e la rappresentazione delle persone LGBTQIA+ sui mezzi d’informazione.
La limitazione della libertà sessuale, in ogni parte del globo, rappresenta una questione di classe. È infatti ben noto come anche nei paesi più repressivi i ricchi siano agevolati nel vivere una vita privata serena anche con relazioni non eteronormate. Anche guardando all’Italia, nonostante la libertà giuridica garantita da decenni alle persone LGBTQIA+, c’è un forte dramma occupazionale che attanaglia le persone queer, in particolare quelle transgender, le quali faticano nel trovare lavoro a causa della discriminazione, con un tasso di disoccupazione molto più alto della media. Inoltre nel 61,3% dei casi nascondono la propria identità di genere per non rischiare ripercussioni, oltre al gap salariale e i frequenti casi di molestia e discriminazione sul lavoro.
Come Giovani Comunisti/e ci impegniamo nel riconoscere queste contraddizioni di classe e di lottare in difesa e in solidarietà dei proletari oppressi di ogni paese, evitando di abbandonare queste tematiche nel contesto internazionale.
Di Lorenzo Gigante