Lehman Brother, Marx e stanzette un po’ umide

Nel settembre del 2008 (ricorre in questi giorni il quindicinale) una delle principali banche del mondo, la Lehman Brothers, principale gestore dei titoli di stato statunitensi annuncia di volersi avvalere del Chapter 11 del Codice della Bancarotta degli USA. Sostanzialmente dichiara fallimento. Il contraccolpo economico è immenso e si inserisce in quel contesto di crisi finanziaria che era iniziato circa un anno prima. Crisi causata anche con il con concorso di Lehman Brothers stessa tramite un ricorso smodato ai mutui subprime. I mutui subprime altro non sono che prestiti concessi a soggetti i quali, secondo le regole statunitensi, non possono accedere ai tassi di interesse del mercato poiché insolventi. Insomma, i subprime erano una scommessa sulla povertà, sulle vite di milioni di persone che per tirare avanti non avevano altra scelta, una sorta di cappio travestito da strumento filantropico. Un sistema che non regge, che crea perdite costanti e gravi, culminato dunque con il fallimento della banca stessa e, lo possiamo dire, il quasi fallimento del sistema economico occidentale che da allora vive una crisi perenne.

Si indovini un po’ chi parlava di crisi cicliche del capitalismo? Esatto Marx. Quel Marx che in molti trovano superato ed arcaico, il quale invece ci aveva descritto, cogliendoci abbastanza, il mondo in cui viviamo attualmente. Proprio parlando di crisi Marx afferma “Le crisi cicliche rappresentano il modo con cui il capitalismo supera momentaneamente le sue contraddizioni e riavvia una fase di sviluppo, ma ogni volta che questo avviene le contraddizioni si accumulano e vengono spostate in avanti, causando la preparazione di nuove crisi”. Nel momento della crisi la strategia del capitale per sopravvivere a sé stesso fu molto semplice: l’austerità, il rigore, la tecnocrazia, la riduzione degli spazi democratici. Come a voler incolpare della crisi quei soggetti che non erano stati in grado di ripagare quei prestiti, come a volersi vendicare.

Abbiamo assistito alla Merkel in Europa e a Monti in Italia. Abbiamo assistito, in nome della stabilità, alla peggiore macelleria sociale mai avvenuta in Italia. Abbiamo assistito agli esodati, alla “Legge Fornero” sulle pensioni, mentre i media inculcavano agli italiani della necessità di queste manovre, della necessità che non si facesse politica, della necessità che a governare fossero i grandi tecnici alle dipendenze delle grandi banche. Ed alla fine il capitalismo si è ripreso, ha superato una crisi scaricandone con ferocia le conseguenze sulla classe lavoratrice. La quale, oramai, però non aveva più strumenti per reagire, affossata da decenni di reazione padronale, affossata dallo scioglimento del Partito Comunista Italiano, da intendersi più come Geist, come partito storico, che come partito organizzazione. Crisi che tornano a distanza sempre più breve; tant’è che nel 2021 arriva il terzo tecnocrate della nostra storia repubblicana ossia Mario Draghi. La cosa più vicina a una divinità che vi potesse essere. Esperto in tutto, salvatore della patria e dell’impresa che garantisce lavoro. Un messia. La macelleria sociale avvenuta durante il suo governo di cosiddetta “unità nazionale” è sotto gli occhi di tutti. Ed infatti gli italiani alle elezioni del 2022 hanno scelto quel soggetto politico, praticamente l’unico, che si era opposto a Draghi, ossia Fratelli d’Italia. E l’hanno portato al governo.

E noi? E noi comunisti e comuniste? Dove siamo? Cosa stiamo facendo mentre il capitalismo più bastardo si abbatte su di noi e sulla classe che dovremmo rappresentare? Siamo a discutere nelle nostre stanzette un po’ umide se era meglio Stalin o Trotskij, a discutere di antistalinismo, a discutere di anti trotskismo, a dare nei nostri partiti pregiudiziali ideologiche. Dimenticandoci che per Marx il partito comunista è il partito della classe operaia. Punto. Semplice ma efficace. Come comunisti e comuniste dovremmo ripartire sinceramente da Marx, senza star troppo dietro ad epigoni successivi, che tendono a piacerci anche più di Marx solo perché hanno le sembianze di generali in guerra, di condottieri achei.
Ritorniamo a essere la scintilla.

Paolo Bertolozzi