Le combattenti curde sono la prima difesa contro Daesh

La rappresentante del movimento delle donne curde in prima linea contro i terroristi in Iraq e in Siria, dimostra la sua solidarietà alla Francia

16742The Point: Qual è stata la reazione dei curdi agli attentati di Parigi?
Nursel Kilic: Con tutti i rappresentanti delle associazioni della comunità curda in Francia eravamo presenti per i tre giorni successivi agli attentati di Oberkampf per commemorare questo terribile massacro perpetuato nel cuore di Parigi. I curdi sono stati profondamente toccati e rattristati da questo attacco. Infatti i combattenti curdi, uomini e donne, sono la prima difesa contro Daesh nel Medio Oriente. I curdi sono colpiti regolarmente da simili massacri. È per questo che ci troviamo nella posizione migliore per capire e condividere con tutto il cuore il dolore e la rabbia dei francesi.

Il Medio Oriente è comunemente ritenuto maschilista. Come è possibile che le donne curde siano state in grado di organizzarsi e di prendere le armi contro Daesh?
Non sono venute fuori dal nulla! Queste combattenti sono impregnate di una lunga eredità di resistenza delle donne curde, di figure emblematiche: donne artiste, come le cantanti Meryem Xan e Aysha Shan nel XX secolo, come le combattenti Leyla Qasim, e le prime militanti politiche venute dalla Turchia, come Sakine Cansiz , una dei fondatori del PKK. Il movimento si è organizzato in Europa a partire dal 1987 con l’Associazione delle donne curde. Questa organizzazione ha permesso alle donne di organizzarsi autonomamente e di interrogarsi sul ruolo della donna nella famiglia, sulla laicità, sulla emancipazione. Gli atelier, il porta a porta di quartiere in quartiere, tutti questi piccoli sforzi hanno dato i loro frutti. Affinché le donne si rendano conto che non sono schiave, che non si devono sottomettere al sistema patriarcale, alle regole del marito, del padre o del fratello. Le donne al fronte sono solo l’avanguardia di questo ampio movimento internazionale.

Che cosa difendono?
Un sistema democratico autonomo: il confederalismo democratico. Esiste di fatto già nel Rojava, il Kurdistan siriano. I tre cantoni, Afrin, Cizîrê e Kobanê, sono  autogestiti secondo una modalità di consenso collettivo che segue una serie di valori forti: il multiculturalismo, l’economia alternativa e in particolare la parità donne-uomini, la parità assoluta, con un sistema di copresidenza in ogni governo cantonale.

 Quindi è molto di più che della propaganda?
Come si può pensare una cosa simile? Certo, le YPJ, le unità di protezione delle donne Rojava, sanno badare alla loro immagine. Ma sono pronte a morire per le loro idee. Lottando contro Daesh anche in Francia! Nel gennaio 2013, tre attiviste curde, tra cui Sakine Cansiz, sono state uccise proprio a Parigi, tutti gli elementi indicano il coinvolgimento dei servizi turchi. Perché hanno difeso l’ideologia della emancipazione. La minaccia esiste. Bisogna esserne coscienti.

Si parla molto più di Dasch che della Turchia…
Eppure anche il regime di Erdogan uccide. Duemila persone sono state arrestate in Turchia dopo le elezioni di giugno, quattrocento sono state uccise dall’esercito o la polizia. Il corpo di una militante del PKK Kevser Eltürk (portava il nome di guerra Ekin Van), è stato spogliato, trascinato e esposto dai soldati turchi nel villaggio di Varto. Ma non prendono di mira solo le militanti. Uccidono anche studentesse, ragazze che vanno a scuola, a volte le donne incinte … A Istanbul, una giovane donna di 25 anni, Dilek Dogan, è stata ucciso con una pallottola al cuore durante una dimostrazione. Lo Stato turco a volte rifiuta l’accesso all’obitorio ai curdi, costringendo le loro famiglie a conservare le ragazze uccise nei loro congelatori per settimane.

Sono le donne a essere particolarmente prese di mira?
Sì, e questo è quello che io chiamo il femminicidio, una sorta di genocidio al femminile. Questa è la suprema violenza del patriarcato, che si estende dai matrimoni forzati, dalle escissioni, dalla violenza domestica, fino alla violenza di stato, alle torture sessuali in carcere, alla vendita di donne nei bazar della schiavitù sessuale dello Stato islamico. Questo è il destino che subiscono le donne nei paesi in guerra, in Mali, Niger, come in Kurdistan. Questo concetto permette di reinterpretare il massacro di donne nella storia. 31.000 donne furono deportate ad Auschwitz perché erano donne libere.

La vittoria del AKP, il partito islamico turco, è avvenuta  in questo contesto di violenza. Perché i kurdi non riprendono le armi contro Erdogan?
Cerchiamo di mantenere uno sguardo ottimista. Il partito di opposizione HDP, filo-curdo, nel mese di giugno otteneva il 13%, oggi ha raccolto il 10,7% dei voti, riuscendo così a essere il terzo partito all’Assemblea e a inviarvi 59 deputati. Nonostante le 2000 persone arrestate, nonostante le uccisioni, nonostante le sedi del HDP bruciate … Tuttavia,  il popolo ha votato e ha fatto tutto il possibile perché l’HDP superasse lo sbarramento. Il processo di pace avviato continuerà.

L’indulgenza del democratico Occidente nei confronti di Erdogan la ripugna?
Questo è ciò che è veramente insopportabile. Manuel Valls e Angela Merkel continuano a parlare dell’adesione della Turchia all’Unione europea. Ma come è possibile che un paese che ignora completamente i diritti umani possa aderire alla UE? Per non parlare del fatto che la Turchia è palesemente complice dello stato islamico. Contrariamente a quello che la Turchia dice, non vi è alcuna offensiva turca contro Daesh, Erdogan continua a lasciare che i terroristi circolino sul suo territorio, per fare rifornimento e vendere il loro petrolio. La Francia deve smettere di condurre una politica cieca nei confronti di questa realtà. Ha il dovere di proteggere i suoi valori.

L’orrore di Daesh era già noto prima degli attentati. Eppure, l’anno scorso, gli unici a manifestare a Parigi contro lo stato islamico sono stati i curdi. Perché tutti non si riuniscono sotto la loro bandiera?
Una parte dell’opinione pubblica approva le nostre manifestazioni. I movimenti sociali e alternativi, le femministe e i partiti politici di sinistra, tra cui il Partito comunista, marciano al nostro fianco. Ma il raduno sotto la bandiera dei curdi sarà possibile solo quando la nostra lotta sarà riconosciuta come legittima, e dunque quando il PKK, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, verrà rimosso dalla lista dei terroristi dell’Unione europea e gli Stati Uniti.

JEREMY ANDRE

 articolo originale in francese

traduzione di Stefano Acerbo

1 commento su “Le combattenti curde sono la prima difesa contro Daesh”

  1. Anche se “vecchio” di 2-3 mesi, invio questo contributo che considero ancora interessante, ciao
    GS

    I KURDI VOGLIONO L’AUTONOMIA DEMOCRATICA

    Intervista con OZLEM TANRIKULU, Presidente dell’Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia (UIKI-Onlus)*

    (Gianni Sartori)

    1) In qualche modo l’apparizione dell’ISIS (a cui la Resistenza curda ha saputo opporsi adeguatamente) è legata ad alcune delle Primavere Arabe sorte intorno al 2010 (v. Siria, Libia…) . Quello che venne descritto come un “risorgimento” della società civile ha subito una innegabile involuzione. Una vostra opinione in proposito.
     
    Le Primavere Arabe, in generale, erano rivolte popolari: autentici simboli della ricerca di libertà, democrazia e giustizia dei popoli. I leader di tali movimenti, però, non avevano un obiettivo comune, né un progetto concreto per il futuro. Guardavano a tali rivolte solo come uno strumento per ottenere un cambio di potere. Ciò ha messo in discussione anche l’appoggio popolare: quando il popolo si è reso conto della situazione, si è tirato indietro. Un altro aspetto da considerare è la violenza: quando essa è entrata in gioco, tutto è cambiato, perché sia i regimi dittatoriali che altri stati coinvolti hanno cercato di usarla a proprio favore. I kurdi, al contrario, hanno sempre avuto un progetto: per questo non hanno mai perso l’appoggio popolare.

    2) Apparivano invece di maggior incisività (laiche, progressiste, autonome…) le sollevazioni che hanno interessato la Turchia negli ultime due anni e in cui era consistente la presenza dei kurdi. Come valutate le prospettive di tali movimenti (anche tenendo conto dei recenti risultati elettorali)?
     
    Le rivolte in Turchia sono una risposta all’assenza di un sistema democratico. La Turchia ancora sostiene e difende l’omogeneità dello stato-nazione, considerando tutti gli altri gruppi, popoli e credi come nemici. Principalmente l’atteggiamento della Turchia verso i kurdi è caratterizzato dalla tendenza a negare, annientare ed assimilare. Se lo stato turco continuerà a tenere un approccio antidemocratico e militare su ogni questione, tali rivolte continueranno, anche con possibilità di successo. Il progetto dell’HDP (Partito Democratico dei Popoli)** rappresenta l’alternativa al regime antidemocratico presente in Turchia. Nelle elezioni del 7 giugno l’HDP ha avuto un grande successo: e crediamo che continuerà a crescere, perché si tratta di un progetto di pace, basato su democrazia, collaborazione, convivenza e diritti delle donne.

    3) La Resistenza di Kobane ha sicuramente rappresentato un punto di riferimento estremamente positivo per larga parte dell’opinione pubblica democratica europea. Purtroppo la stessa stampa (e i media in genere) occidentale, che aveva solidarizzato con voi, non sembra scandalizzarsi più di tanto per i recenti raid turchi sui campi profughi e sui villaggi di kurdi (forse perché la Turchia è un membro forte della NATO?). Come giudicate questa ambiguità?
     
    Certo, si tratta di una contraddizione: tale ambiguità è negativa.  La NATO ha un ruolo e lo sta giocando. La Turchia utilizza i meccanismi della NATO e dei suoi alleati contro di loro: in tal modo li spinge a rimanere in silenzio, affermando che si tratta di una questione interna, di una guerra contro il terrorismo. In realtà non si tratta di terrorismo, ma di una vera e propria guerra, e tutti dovrebbero muoversi nel rispetto della Convenzione di Ginevra. Stati Uniti e Unione Europea dovrebbero fermare questi comportamenti della Turchia, far sentire la propria voce; anche perché dovrebbero riconoscere che i kurdi sono parte della guerra contro l’ISIS e che tutti gli attacchi contro i kurdi facilitano solo l’avanzata di ISIS. La contraddizione di base è chiara: se ISIS è un nemico comune, perché non viene fermata la Turchia quando attacca proprio quei kurdi che hanno lottato e continuano a lottare contro ISIS?

    4) Il processo di Pace avviato due anni fa su indicazione di Ocalan sembra essere naufragato a causa della politica guerrafondaia e sciovinista del governo turco dell’AKP***. Da un riesame di questo processo, pensate esista ancora una concreta possibilità di riprendere le trattative tra organizzazioni curde e governo turco per una soluzione politica del conflitto?
     
    Le questioni non si risolvono con la guerra, ma con la democrazia: né il PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan) ****né la Turchia possono risolvere la questione con la guerra, l’unica strada è la pace, il dialogo, l’alleanza. Entrambe le parti sono consapevoli di questo; se si vuol riprendere il processo di pace, esso dovrebbe essere condotto secondo le convenzioni internazionali. Ogni guerra ha anche la sua pace; per costruire la pace c’è bisogno delle due parti. Quindi è necessario un cessato il fuoco bilaterale; per garantire l’imparzialità di questo processo ci dev’essere una terza parte.  Durante i negoziati, i rappresentanti sia del PKK che dello stato turco devono avere gli stessi diritti.

    5) La Resistenza curda nei territori curdi amministrati dallo stato turco aveva deposto le armi per favorire il processo di Pace ed ora ha reagito agli attacchi dell’esercito turco. E’ solo legittima difesa o si preannuncia una intensificazione della guerriglia?
     
    Nelle ultime dichiarazioni uscite anche sulla stampa, il PKK afferma chiaramente: la Turchia ha cominciato questa guerra e stiamo solo mettendo in pratica il nostro diritto di autodifesa. In precedenza più volte il PKK aveva dichiarato che l’AKP stava utilizzando la tattica della provocazione, per far ricominciare la guerra, e che i kurdi non intendevano cedere alle provocazioni e mantenevano una posizione di autodifesa

    6) Cosa vi aspettate dall’Unione Europea che finora sembra alquanto tiepida nei confronti degli attacchi turchi? E dagli USA?
     
    Stati Uniti e Unione Europea dovrebbero comportarsi secondo i propri principi, cioè agire per la democrazia e la stabilità, obbligando la Turchia a sedersi al tavolo della pace. E’ molto importante che il PKK venga rimosso dalla lista delle organizzazioni terroristiche; è la condizione principale per permettere che si facciano passi verso la pace e per risolvere le questioni in maniera veloce. La questione principale in Turchia è la questione kurda; Unione Europea e Stati Uniti dovrebbero sapere che la soluzione della questione kurda è anche un loro interesse; per questo devono forzare la Turchia a cooperare per conseguire la pace.

    7) Potreste spiegare in che cosa consiste il progetto di autogestione che interessa un sempre maggio numero di città e villaggi curdi (e non solo)?
    I kurdi vogliono che venga riconosciuta la loro volontà, vogliono poter scegliere i propri amministratori e rappresentanti locali, vogliono autogovernarsi; stanno cercando di creare un sistema in cui si possano autogovernare dal basso, rimanendo comunque in contatto con il governo centrale. Danno importanza alla convivenza con gli altri popoli che vivono in Turchia, purché sia riconosciuta e rispettata la loro volontà, dal punto di vista politico, culturale, sociale e legislativo.

    8) Un modello di autonomia come quelli del Südtirol e delle Vascongadas potrebbe rappresentare una soluzione per il conflitto tra popolo curdo e stato turco? Per esempio, con la garanzia di poter usare la propria lingua, studiare in curdo, usare la lingua curda anche nei tribunali, autonomia delle amministrazioni locali… E soprattutto, la Turchia è pronta per una tale evoluzione?
     
    I kurdi vogliono l’Autonomia Democratica: vogliono prendere le proprie decisioni nelle loro regioni, non vogliono essere gestiti da Ankara, vogliono gestire direttamente dal basso le questioni che riguardano loro e i loro territori. Questa proposta non vale solo per i kurdi, ma per tutte le città e tutti i popoli della Turchia. Però, per arrivare a questo punto, è necessaria una democratizzazione della Turchia: attraverso una nuova costituzione, che tuteli l’uguaglianza dei diritti e la possibilità di un’amministrazione dal basso.
     
    10) La Turchia sembra essere ben inserita nel gioco della politica energetica. Ha firmato accordi con l’Europa, la Russia, l’Azerbaigian, la Georgia, l’Iraq…in passato anche con l’Iran, praticamente con tutti, se si esclude l’Armenia. Questo quanto influisce nelle scelte politiche e militari dei governi turchi?
     
    Tutta l’energia della Turchia viene dal Kurdistan o arriva in Turchia attraverso il Kurdistan. La Turchia, se accetterà di vivere in pace con i kurdi, avrà un ruolo; per avere il gas, il petrolio e l’acqua dei kurdi è necessaria la pace.

    11) A vostro avviso, la concessione della base di Incirlik all’aviazione statunitense potrebbe essere stata una mossa di Ankara per fingere di partecipare alla guerra contro l’ISIS mentre in realtà ha fornito una copertura per riprendere la guerra contro i kurdi?
     
    Si sa che gli Stati Uniti hanno bisogno della Turchia, però non dimentichiamo che la Turchia da anni sostiene i jihadisti, in particolare ISIS, che rappresenta un nemico del mondo intero e degli Stati Uniti. Perciò gli Stati Uniti devono opporsi agli attacchi della Turchia contro i kurdi: in quanto il PKK lotta contro ISIS. Gli Stati Uniti non portano avanti una politica chiara nei confronti dei kurdi; ma se vogliono avere un ruolo in Medio Oriente, avranno bisogno dei kurdi, i cui valori sono: secolarismo, democrazia, convivenza pacifica e libertà delle donne

     
12) Una valutazione, se possibile, della posizione assunta da Barzani *****(v. la richiesta ai militanti del PKK di lasciare i territori curdi all’interno dei confini iracheni).
     
    La dichiarazione di Barzani è un grave errore, da parte sua: il PKK è un movimento kurdo, fa parte del Kurdistan, e dire al PKK di uscire dal proprio territorio non è una mossa politica ragionevole, non aiuta a raggiungere una soluzione della questione kurda. I kurdi, al contrario, dovrebbero riunirsi in un Congresso Nazionale, al fine di trovare una strategia condivisa. Quelli che attaccano i kurdi, senza fare distinzioni, attaccano in sostanza ogni movimento e l’intera popolazione.
    (Gianni Sartori)

    *UIKi Onlus, Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia http://www.uikionlus.com

    **HDP, Partito Democratico dei Popoli (in curdo: Partiya Demokratik a Gelan; in turco: Halklarin Demokratik Partisi). Alle ultime elezioni in Turchia ha conquistato più di ottanta seggi diventando un punto di riferimento non solo per i kurdi, ma anche per larghi strati della sinistra e dei movimenti (femministe, libertari, ecologisti…). Il programma elettorale: http://www.uikionlus.com/hdp-presenta-il programma-elettorale/
    (nda)

    ***AKP, Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (in turco: Adalet ve Kalkinma Partisi). Conosciuto come partito di Recep Tayyip Erdogan è al potere dal 2002. Partito di centro-destra (paragonato talvolta alla CDU tedesca) viene definito “islamico-moderato”. Andrebbe comunque considerato sostanzialmente anti-laico e sicuramente finora non aveva mostrato particolare entusiasmo nel contrastare l’ISIS (nda)

    **** PKK, Partito dei lavoratori del Kurdistan (in curdo: Partiya Karkerén Kurdistan), fondato nel 1978 da Abdullah Ocalan e un gruppo di rivoluzionari turchi e curdi tra cui Sakine Cansiz, una delle tre donne uccise a Parigi il 9 gennaio del 2013.
    Originariamente di ispirazione marxista-leninista, il PKK attualmente si ispira al nuovo paradigma ampiamente spiegato negli scritti dal carcere di Abdullah Ocalan proponendo un sistema basato sull’Autonomia Democratica i cui principi sono democrazia radicale, ecologia e libertà dalla dominazione di genere e ha abbandonato la richiesta di stato-nazione indipendente proponendo il progetto politico del Confederalismo Democratico. Ocalan si è ispirato anche alle teorie di Murray Bookchin del municipalismo e dell’ecologia sociale (nda).

    *****Masud Barzani, leader del KPD (Partito Democratico del Kurdistan), è attualmente il Presidente della Regione, di fatto autonoma, del Kurdistan in territorio iracheno. Suo padre, Mustafà Barzani, era il leggendario fondatore della effimera Repubblica di Mahabad. Barzani viene talvolta criticato per i suoi buoni rapporti, soprattutto commerciali (il petrolio che vende direttamente alla Turchia) con l’AKP di Erdogan e le milizie del KPD, i “pesmerghe”, sono stati criticati dalla popolazione e dagli altri partiti curdi della zona quando hanno abbandonato i popoli Ezidi e Sengal al massacro da parte dell’ISIS.
    Altro partito curdo presente nella regione autonoma è il PUK (Unione Patriottica del Kurdistan) di Jalal Talabani che è stato presidente della Repubblica d’Irak (nda)

    Gianni Sartori: nato nel 1951, giornalista pubblicista, ha collaborato con varie testate, sia a livello locale (Nuova Vicenza, La Voce dei Berici…) che nazionale (Umana Avventura, Etnie, Frigidaire, Narcomafie, Liberazione, Germinal, Rivista Anarchica, Senza Confini…) realizzando inchieste, reportage, servizi fotografici riguardanti la tutela dei Diritti Umani, la difesa delle minoranze, i Diritti dei popoli e la salvaguardia dell’ambiente. Ha pubblicato alcuni libri: “Indiani d’Europa – Euskal Herria”; “Irlanda – tutti i colori del verde sotto un cielo di piombo”; “Catalunya -storia di una nazione senza stato”; “Ponti di roccia” e, in rete, “I curdi, da Ocalan ai pesmergha”.
    Come direttore responsabile ha reso possibile la pubblicazione di alcuni periodici dell’area ambientalista e pacifista (La Fucina, Unainforma, il mensile del Presidio No Dal Molin…).

    Salv

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