Lo scorso martedì 30 Aprile si è celebrato il 69° anniversario dell’eccidio di Celano. Cosa è successo? Ma soprattutto perché è successo? Per capirlo bisogna fare qualche passo indietro.
Nel 1875 il Fucino, il terzo lago più grande d’Italia, venne completamente prosciugato. Circa 16000 ettari di terreno fertile vennero strappati alle acque del lago. Il principe Alessandro Torlonia, che aveva acquistato la società che prosciugò il lago, divenne l’unico proprietario di tutti i terreni. In seguito al prosciugamento il fondo del lago venne bonificato poiché erano presenti paludi che portavano malattie e successivamente le terre rese coltivabili vennero concesse a poche famiglie scelte da Torlonia che a loro volta le affittarono ai contadini a prezzi elevati. Così facendo le condizioni dei contadini non migliorarono rispetto al periodo antecedente al prosciugamento del lago, anzi peggiorarono a causa degli eventi, dal terremoto del 13 gennaio 1915 al fascismo, passando per i due conflitti mondiali.
Nel dopoguerra la piana del Fucino sembrava abbandonata, le strade erano impraticabili, i canali di scolo dell’acqua non erano efficienti e la disoccupazione aumentava sempre di più. Per questi motivi nel febbraio del 1950 molti braccianti cominciarono a lottare per garantirsi il lavoro effettuando lo sciopero a rovescio che consisteva nell’eseguire opere di sistemazione idrica e stradale che il principe aveva da sempre trascurato.
La sera del 30 aprile 1950 i braccianti erano riuniti in piazza IV Novembre a Celano, ma non vi era alcun pericolo per l’ordine pubblico dato che non si trattava di una manifestazione. Mentre nella sala comunale la commissione per l’avviamento al lavoro dei disoccupati stava completando l’elenco dei braccianti che avrebbero dovuto recarsi al lavoro il 2 maggio, alle ore 20:30 vennero esplosi sulla folla colpi di arma da fuoco. A sparare per primi furono i carabinieri del governo democristiano, che durante le lotte dei contadini della Marsica appoggiò Torlonia inviando reparti della celere e carabinieri. Ai primi colpi si aggiunsero anche i proiettili dei fascisti che tutelavano gli interessi del principe. Le vittime di questa sparatoria furono Antonio Berardicurti, comunista di 35 anni che lasciava una bimba di due anni, e Agostino Paris, socialista di 45 anni che lasciava quattro figli. I colpi vennero esplosi da punti strategici della piazza e i fascisti attesero il segnale dei carabinieri per aprire il fuoco.
L’eccidio di Celano non fu il frutto di azioni improvvisate ma di un piano premeditato con attenzione. Tale evento è stato molto significativo per la Marsica e non solo, pertanto bisogna sempre tener vivo il ricordo di chi ha lottato per ottenere un pezzo di terra e condizioni di vita migliori. In seguito all’eccidio, nel 1951, si avviò la riforma agraria mediante la quale venne espropriato il latifondo dei Torlonia e i contadini cessarono di essere sfruttati diventando i proprietari di quei terreni che ancora oggi assicurano guadagno a molte famiglie.
Andrea Berardicurti