Non siamo soli: partecipazione, aggregazione, conflitto e rappresentanza

gc14nov1Il Coordinamento Federale delle/dei Giovani Comuniste/i di Taranto, saluta favorevolmente il documento politico approvato dalla V Conferenza Nazionale delle/dei GC. Un documento di ampio respiro per la nostra organizzazione. Che supera la ghettizzazione perpetrata nella logica degli emendamenti proposti, del tutto autoreferenziali e lontani dalla realtà. Un documento che parla a tutte le generazioni e a tutti i generi che oggi subiscono le politiche europee di austerità. Che parte dalla dignità delle donne e uomini, che vivono o attraversano il nostro paese e continente. La conferenza nazionale, ha finalmente approvato e lanciato un documento che raccoglie idee e visioni di una società e sinistra plurale, suggestioni e strumenti, per sottrarre le giovani generazioni ad un destino di precarietà, per capire come si crea occupazione, pensare a nuovi modelli di welfare. In questo modo, il coordinamento nazionale eletto alla conferenza, a cui rivolgiamo i nostri migliori auguri di buon lavoro, potrà proporsi, questo è quello che auspichiamo, di dar vita ad una giovanile che faccia rete tra associazioni, movimenti, forze sociali e politiche con nuove rivendicazioni e analisi, proposte concrete per costruire conflitto e consenso, ognuno nel proprio contesto locale e nazionale. A questo breve preambolo, vogliamo contribuire con un nostro documento, approvato dal coordinamento federale del 06.11.2015, che sia di stimolo al dibattito del prossimo coordinamento nazionale che si terrà a Roma sabato 14 Novembre.

Il nostro sistema sociale ed economico, dall’esplosione della crisi finanziaria si è rivelato per quello che è: un sistema che ha aumentato le disuguaglianze a livello globale e locale, un sistema che mira a distruggere i diritti delle lavoratrici e lavoratori, lo stato sociale. Un sistema che favorisce l’1% più potente a discapito del restante 99%. La ricetta che è stata imposta da quel 1% e dai governi di tutta Europa, è stata quella dell’austerità in tutti i settori, non solo economici, ma anche democratici. Alla crisi del neoliberismo si è risposto con maggiore neoliberismo: più privatizzazioni, più tagli alla spesa pubblica, meno diritti, più precarietà nel lavoro. Le giovani generazioni sono state in questi anni un laboratorio per sperimentare quelle misure che oggi vengono proposte alla società intera. Le studentesse e gli studenti del nostro paese dal 2008 hanno dovuto lottare contro la distruzione dell’istruzione pubblica, la mercificazione del sapere, lo smantellamento del diritto allo studio, l’aumento della tassazione e l’eliminazione degli spazi di democrazia. Il processo di smantellamento di scuola e università, che non ha eguali in Europa e nel mondo, è stato il filo conduttore di tutti i governi che si sono susseguiti negli ultimi 10 anni. In ultimo il Governo Renzi con la riforma della cd. “Buona Scuola”. E’ proprio all’interno di scuole e università, partecipando attivamente ai sindacati studenteschi e/o collettivi esistenti, che come Giovani Comuniste/i della Federazione di Taranto, vogliamo costruire quell’idea di cambiamento da trasferire poi alla società tutta. Sta a noi alimentare ora un dibattito serio e critico all’interno delle aule e non solo, facendo ripartire una mobilitazione studentesca contro le scelte del Governo che mercificano il Sapere e distruggono l’istruzione Pubblica. Dobbiamo essere noi i guardiani della Conoscenza e invertire la rotta politica dell’interno paese per una difesa estenuante di una Scuola e Università Pubblica, che deve essere garantita a tutti e di qualità.

Troppo spesso, però, i giovani della nostra città e del nostro paese sono relegati ai margini dei processi decisionali. Crediamo che la partecipazione, l’aggregazione e la rappresentanza siano degli strumenti essenziali per alimentare il conflitto e per portare avanti le nostre battaglie per i diritti degli studenti, dei giovani lavoratori, dei precari e dei disoccupati. Strumenti che senza la partecipazione attiva di tutte e tutti vengono fortemente indeboliti. Viviamo in una città che registra una fortissima sfiducia nei processi democratici ed una profonda crisi della partecipazione e rappresentanza. Una città in cui abbiamo addirittura la percezione che rivendicare la nostra appartenenza partitica e politica, sia solo un ostacolo e dove prendono sempre più piede le “anomalie” che sfruttano la crisi del controllo della coscienza e dall’informazione. Consideriamo, invece la nostra generazione, una risorsa per per far ripartire Taranto e il nostro paese. Vogliamo mettere le nostre intelligenze e le nostre energie al servizio del cambiamento, di un modello di sviluppo diverso che metta al centro la Democrazia, i Diritti, il Lavoro Dignitoso, il Reddito, i Saperi e l’Ambiente. Dobbiamo essere in grado di costruire quell’aggregazione e crescita culturale che percepiamo come sempre più in pericolo all’interno della nostra città. Fondamentale sarà anche la comunicazione, l’informazione e l’aumento della democrazia diretta all’interno della nostra organizzazione. La rappresentanza è la voce degli studenti, dei precari, dei giovani disoccupati e crediamo che non si possa e non si debba assolutamente prescindere dall’avere ben chiaro questo elemento. E’ necessario, perciò, avviare ogni forma di coinvolgimento possibile che risulti utile ad aumentare la partecipazione, creare aggregare e raccogliere le istanze delle giovani generazioni che devono, sempre più, essere agevolati nel dialogo e nel confronto con chi li rappresenta.

Chi sceglie di assumersi l’impegno di rappresentare le giovani generazioni nel coordinamento federale delle/dei Giovani Comuniste/i potrà contare sull’esperienza di chi, questa scelta, l’ha compiuta già in passato. Pensiamo, infatti, che la formazione interna sia una prerogativa importantissima che non può far altro che migliorare la qualità delle nostro battaglie. Bisogna ripartire dalla partecipazione. Bisogna ripartire dalla rappresentanza. Bisogna riappropriarsi degli spazi che ci spettano nei luoghi di formazione e nella società con la fiducia che il nostro contributo per la crescita della nostra Città, Provincia e della realtà che ci circonda non sia solamente importante ma fondamentale; la fiducia di poter cambiare le cose, la fiducia che le nostre azioni non siano inutili e che abbiano il loro peso nei “luoghi che contano”. Bisogna avviare una vera e propria rivoluzione culturale che riporti gli studenti e i lavoratori ad essere considerati una risorsa su cui investire, padroni del proprio futuro, capaci di essere una diga sul fiume di interessi al di sopra di tutto e di tutti che rappresentano da anni le metastasi della nostra democrazia e di ogni singola branca della società in cui viviamo. Ci troviamo di fronte ad un vuoto drammatico della politica. La rappresentanza tradizionale, abissandosi, sembra aver lasciato noi giovani senza un canovaccio, un’indicazione, uno spunto di riflessione da cui partire per la nostra avventura che non sia, paradossalmente, la sua stessa sconfitta. Eppure il fardello della difesa dei diritti, del raggiungimento dell’uguaglianza e della necessaria trasformazione della società pesa lo stesso sulle nostre spalle. Preso atto di ciò, dobbiamo rimboccarci le maniche e andare avanti, studiando quanto è stato in passato e cercando di individuare le occasioni che tale situazione ci offre per essere protagonisti di una possibile ricostruzione di un fronte unitario della sinistra antiliberista, dei conflitti sociali e dei movimenti. Il venir meno della mediazione della rappresentanza politica, tanto per cominciare, apre ai soggetti sociali spazi di agibilità prima quasi inesistenti.

Nel corso degli anni, nuovi modelli di partecipazione sociale si sono messi a disposizione del desiderio di trasformazione della realtà un tempo interpretato dalla politica, dentro e fuori il parlamento e dal sindacato. Oggi queste forze, quando riescono a costruire reti di relazioni avanzate e a superare i limiti della suddivisione in camere stagne, sono in grado di rivendicare pienamente la propria politicità. La nostra scelta deve essere quella di quella di diventare uno spazio reale di libera discussione a disposizione dei soggetti in formazione e precari che intendono mettere la loro voglia di partecipare al servizio dell’interesse generale. Proprio questa scelta, ci renderà in grado di rivolgerci liberamente al nostro esterno, senza paure e timidezze, confrontandoci sempre alla pari con tutti i nostri interlocutori. Urge quindi cominciare da noi, tessendo nei territori relazioni con tutte quelle realtà che ancora tentano di resistere e che portano con sé una critica radicale ad un modello di sviluppo fondato sul mito della crescita che genera sfruttamento e disuguaglianze. Anche nella nostra città e nella nostra provincia l’azione delle/dei Giovani Comuniste/i si inserisce in un quadro analitico di politica generale, la partecipazione ai movimenti, una precisa scelta antifascista, antirazzista e antisessista, la solidarietà internazionale, un orizzonte ampio di trasformazione radicale della società in senso egualitario. Non c’è realtà giovanile degna di questo nome, oggi, che possa ignorare questi temi e rinchiudersi in un recinto microvertenziale senza rinunciare alla sua stessa ragion d’essere e non c’è realtà di aggregazione giovanile su base politica che oggi possa fare a meno di partire dalla tutela dei diritti degli studenti e dei precari, nei luoghi della formazione e di lavoro per costruire una coscienza collettiva di cambiamento.

Scegliere la via della rappresentanza sociale dei soggetti in formazione e precari significa non limitarsi alla difesa dei diritti di una categoria, ma porsi pienamente il problema della condizione giovanile, che da una parte taglia trasversalmente la comunità scolastiche, universitarie, lavorative e dall’altra ne oltrepassa i confini, investendo i grandi nodi della società contemporanea: l’accesso ai saperi e alla produzione culturale, la libertà di ricerca, il diritto all’abitare e una concezione urbanistica partecipata ed eco-sostenibile, la mobilità individuale e collettiva, la lotta contro mafie e corporazioni, la partecipazione democratica alle decisioni comuni, la disciplina del lavoro e il suo conflitto con il capitale, il ruolo della conoscenza nella società contemporanea. Non è possibile aprire una vertenza realmente incisiva nei luoghi della formazione senza affrontare direttamente e politicamente questi temi.

Il grande lavoro delle/dei Giovani Comuniste/i di Taranto deve essere poi anche quello di investire in maniera pesante nella costruzione di un’identità di cittadinanza complessa. Abbiamo l’esigenza di costruire un soggetto territoriale che costruisca competenze, ovvero analisi, elaborazioni, pratiche politiche, rapporti con il mondo delle associazioni e della cosiddetta sinistra sociale, dimensioni politiche forti su quelle che abbiamo sempre definito campagne sociali e alle quali non siamo mai riusciti a dare una continuità che andasse oltre il singolo evento. Una sfida ambiziosa, che può riuscire solo se a questo salto in avanti corrisponderà uno scavo in profondità, un investimento forte nel radicamento nei luoghi della formazione, del lavoro e nella città; che può riuscire, insomma, solo se questo soggetto di azione politica generale saprà mantenere forti e profondi legami con le categorie sociali che intende rappresentare e con le forme di espressione autonoma che esse si danno.

La battaglia in difesa dei beni comuni e la vittoria referendaria del 12 e 13 giugno 2011, hanno determinato la possibilità ,non solo di immaginare un mondo differente, ma di costruirlo. Tale processo di sensibilizzazione e di condivisione, qui a Taranto è un percorso lungo e tortuoso. In una terra che assiste costantemente alla fuga dei suoi cervelli e delle sue ricchezze, in un meridione dimenticato ed abbandonato , la consapevolezza di esser parte di una comunità e di poterne dettare le sue sorti, diviene miraggio o utopia. Il processo di condivisione e di partecipazione che ha contraddistinto il popolo dell’acqua, come il popolo del No Tav, No Triv o i movimenti contro le discariche a Chiaiano e a Terzigno, manifesta la pretesa di invertire la rotta. Battaglie vissute e sofferte nel territorio locale, ma condivise ed estese sul territorio nazionale, poiché quando ci si batte per i beni comuni, non si difendono interessi di pochi o di molti, ma gli interessi di tutti. La questione ambientale a Taranto, caratterizzata dall’opprimente ricatto occupazionale da una parte e dalla rabbia degli ambientalisti dall’altra, costituisce tragicamente un panorama avvilente e cupo. Un teatrino in cui la grande fabbrica ne rimane completamente illesa, osservando da spettatrice divertita una scellerata e spietata guerra tra poveri. Uno scontro generazionale, una battaglia tra titani, diritti ed interessi inviolabili in conflitto costante. Ad una monocultura dell’acciaio, alle forme di sviluppo scellerate, decentrate e sottoposte a logiche di mercato e di profitto, proponiamo attraverso lo sviluppo culturale, tecniche e modelli virtuosi di condivisione e di partecipazione al bene comune. Siamo distanti da chi persegue la “caccia alle streghe”, puntando il dito su chi in quella fabbrica ci vive e lavora costantemente, anche loro hanno diritto e bisogno di tutele. La questione ambientale tarantina è una questione nazionale. Alla stregua dell’emergenza rifiuti in Campania, la nostra terra ha subito per lunghi anni, scelte politiche scellerate, pertanto non definiamo questa situazione come un’emergenza. Occorre ripartire dalle aule dell’università, della scuola pubblica, bisognerebbe investire nella ricerca, nella scienza, proprio nei territori, come il nostro, maltratti e deturpati, affinché i “mali” possano esser prevenuti e non solo curati, per permettere che il diritto alla salute e il diritto al lavoro coesistano. Rifiutiamo la demagogia ,è necessario in un territorio come questo, allineare e rimettere assieme i pezzi di un puzzle tutto da costruire.

Crediamo assolutamente necessario operare una forte collaborazione con le lavoratrici e lavoratori della provincia jonica. Il Presidente del Consiglio Renzi, demagogicamente, ha attuato il “Jobs Act” annunciando che per dare diritti ai giovani precari bisogna colpire i lavoratori “troppo tutelati”. Ci domandiamo chi siano. Forse i metalmeccanici dello stabilimento siderurgico di Taranto o di Alenia? Le lavoratrici e lavoratori della grande distribuzione costretti a lavorare sette giorni su sette? Oppure le operatrici e operatori di Teleperformace? Per noi Giovani Comuniste/i sembra che la competizione globale ci abbia reso tutti precari, e che non si possa ripartire se non si stabilisce che certi diritti devono valere per tutti. Parliamo di principi di minima ragionevolezza, come quello secondo cui chi fa lo stesso lavoro deve avere la stessa retribuzione e gli stessi diritti. Ma è progresso se questi diritti vengono livellati verso l’alto, non se noi giovani veniamo utilizzati per livellare verso il basso le condizioni di vita di tutti. Dobbiamo rilanciare a livello territoriale, il diritto al reddito, la lotta alla precarietà, l’estensione di diritti e tutele ai giovani lavoratori. Dobbiamo unirci nelle molteplici battaglie e manifestazioni per la democrazia nei luoghi di lavoro e della formazione e di una visione del lavoro e del sapere come “Beni Comuni”. Rigettiamo l’idea di chi vuole dividere la la società tra tutelati e non tutelati e a partire da un rifiuto del conflitto generazionale.

L’attività politica delle/dei Giovani Comuniste/i di Taranto, negli ultimi anni è sempre stata proiettata in un ottica di collaborazione sinergica con tutte le realtà di rappresentanza sociale, studentesche, sindacali, associative e di movimento. La città e provincia di Taranto devono diventare luoghi di azione politica a livello giovanile. In un quadro di egemonia culturale delle destre e di dilagare del qualunquismo, è necessario dare una risposta politica e organizzativa forte. Sosteniamo la non autosufficienza nostra e tanto meno delle altre realtà e oggi dobbiamo rilanciare un fronte della sinistra d’alternativa, mettendo in rete tutte le specifiche realtà che condividono noi gli stessi obiettivi e le stesse idee di dignità, giustizia sociale, democrazia e pratiche del conflitto. E’ necessario farlo senza annullare le storie e le identità, anche conciliando diversi modelli organizzativi, ma costruendo una sinergia reale e costante e una capacità comune di interfacciarsi all’esterno in maniera credibile. E’ fondamentale costruire un luogo comune di dibattito e di elaborazione per saldare definitivamente un rapporto, che ha sempre portato a risultati efficaci, quanto meno nella elaborazione politica e nell’organizzazione di iniziative comuni. Fino ad ora la collaborazione è stata, purtroppo, troppo altalenante; comune obiettivo deve essere la creazione di luoghi stabili di confronto, che producano una partecipazione stabile ed una capacità programmatica e politica di lungo periodo. Cogliamo pienamente la sfida di giocare la nostra idealità nella concretezza dell’azione politica quotidiana, rifuggendo il settarismo e la tendenza all’autoconservazione e confrontandoci tutti i giorni con gli ostacoli della realtà, costruendo relazioni feconde con interlocutori interessati a incidere profondamente nel tessuto sociale.

GIOVANI COMUNISTE/I – TARANTO
Coordinamento federale

12 novembre 2015

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