Brasile, falsi scoop per deformare la memoria

Un giornale che all’epoca fiancheggiò la dittatura inventa una versione falsa di quel golpe. Ma la regia degli Usa è un segreto di Pulcinella

10268643_702742046455743_497104784822062085_nIn mezzo alle proteste per diritti alla vigilia del Mondiale di Calcio e alla campagna per le elezioni presidenziali di ottobre, quest’anno il Brasile deve, per di più, rendere conto alla sua popolazione, e alla Storia, di quello che è stato il golpe militare, a esatti cinquant’anni del suo avvenimento.

È quindi com molta sorpresa che Folha de S. Paulo, uno dei giornali brasiliani più vicini al regime militare trai l 1964 e il 1985, pubblica in questi giorni una sua “teoria”: che il golpe del ’64 “non fu contro l’avanzare del comunismo”, come lo stesso giornale e i militari propagandarono durante i ventun’anni della dittatura. Secondo l'”innocente” testo di Folha, il golpe sarebbe stato pianificato tra dirigenti aziendali brasiliani della FIESP, potente federazione delle industrie di São Paulo – una sorta di Confindustria paulista.

Il giornalismo “investigativo” di Folha afferma di avere “scoperto” documenti della Escola Superior de Guerra, in cui industriali di São Paulo, lo stato più ricco del Brasile, alludono alla preparazione previa della loro “rivoluzione”. Manca memoria storica ai direttori del suddetto quotidiano. O forse loro scometono sulla mancanza di memoria (e di informazione) delle persone.

Non ci vuole troppo per rinfrescarsi la memoria. Si sa bene che il golpe militare in Brasile è nato ancora negli anni ’50 dalla testa dei maggiori dirigenti brasiliani della marina mercantile, dell’energia elettrica e dell’industria mineraria, dei top managers della American Chamber of Commerce, della Usa/Koppers Co. e della First National City Bank, presenti in Brasile. Volevano proteggere i propri abbondanti profitti e garantire agevolazioni, e si organizzarono in un’elite organica per mettere a punto un patto sociale segreto, più vicino a uno sfrenato liberismo economico che al liberalismo democratico.

Loro fondarono allora l’IPÊS, un centro studi che inglobava educazione morale e civica, ricerche economiche e di mercato, “rafforzamento della democrazia” e strategie per stimolare la reazione imprenditoriale contro le tendenze di sinistra – perché allora, in Brasile, gli studenti leggevano Marx, Lukács, Adorno, Deleuze, e i contadini “comunisti” chiedevano diritti come poter fare pausa pranzo e di avere al meno un giorno di riposo settimanale al lavoro.

Quello dell’IPÊS era un piano di cui già si mormorava nei circoli e nelle case delle signore bene, e tra gli industriali paulisti. L’idea è che c’era bisogno di fare qualcosa per “salvare” il Brasile. Al gruppo si unì il generale Golbery Couto e Silva, capo della sicurezza del governo Jânio Quadros, che voleva mettere in pratica la politica di sicurezza degli Stati Uniti per le Americhe. Il generale assunse la direzione strategica dell’IPÊS e fece sì che la macchina cospirativa si mettesse in moto.

Nel ’61, quando Quadros rinunciò al governo e il filo-riforme sociali João Goulart fu insediato contro la volontà sia degli industriali che dei militari, il generale Golbery fece installare microspie nel Congresso per scoprire quali politici potessero essere coinvolti nella lobby IPÊS e quali dovessero essere comprati. Così, in poco tempo i golpisti passarono a controllare la maggioranza dei deputati.

Ai componenti civili dell’IPÊS toccò affiliare il maggior numero di imprese e pesci grossi come imprenditori, banchieri, giudici, latifondisti, pensatori cattolici, proprietari di giornali e editori, intellettuali, sindacalisti, capi redattori e televisioni, in modo da penetrare in tutti i settori della società. In poco tempo, oltre 500 manager erano già coinvolti.

Per creare consenso anche tra la gente comune, l’organo sfornava le sue idee attraverso notizie manipolate in radio, giornali e televisioni. Sui giornali diventarono frequenti titoli allarmisti sulla crescita della criminalità e l’eccessivo costo della vita – problemi attribuiti al malgoverno, evidenziando le carenze del servizio pubblico e suggerendo la concessione dei servizi sociali all’iniziativa privata.

L’IPÊS – cioè, gli industriali e i militari – decideva ciò che doveva essere pubblicato su giornali, riviste e libri del Brasile intero. E bastava che qualche pubblicazione esprimesse simpatia per il governo Goulart perché perdesse subito la pubblicità di tutti i marchi delle industrie affiliate all’Istituto.

I costi di tutto questo apparato erano sostenuti dal Banco do Brasil e da circa 300 corporations statunitensi – come Coca-Cola e Esso, principale sponsor del giornale radio e TG più popolare nel paese – oltre al partito Democristiano Tedesco attraverso le filiali brasiliane della Mannesmann e della Mercedes Benz.

No, la notizia della Folha de S. Paulo non è uno scoop. È più che altro un segreto di Pulcinella, e lo sanno benissimo i suoi direttori, nonostante uno dei suoi proprietari abbia detto, nel 2009, che quella brasiliana non fu una dittatura, ma una “dittablanda (…), dove la disputa politica e l’accesso alla Giustizia erano possibili in forma controllata”.

Tra l’altro, è grazie all’attività delle lobby multinazionali e della CIA che si è creata la “scuola di pensiero” e di pratiche di torture che si diffonderà per le Americhe con l’Operazione Condor. e alla quale si ispirò Licio Gelli, in Italia, con il suo piano di rinascita democratica della famigerata P2.

SOLANGE CAVALCANTE
è giornalista, traddutrice e scrittrice. È autore di “Compagni di Stadio – Sócrates e la Democrazia Corinthiana”, dove parla non solo di calcio, ma racconta in dettagli la storia sottostante

da Popoff.globalist.it

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