Lo sciopero generale di una generazione in lotta

di Filippo Cannizzo* e Giordano Lorefice**

E finalmente fu sciopero generale. Non poteva andare diversamente. Nella storia della nostra Repubblica, non si ricorda una simile escalation di provvedimenti di un governo volti ad aggredire, colpevolizzare ed umiliare il lavoro, come quelli messi a segno negli ultimi mesi da Berlusconi. Nell’agenda politica di questo governo, il tema all’ordine del giorno non è la ricerca di una via d’uscita dalla crisi, bensì il modo di sfruttare la stessa crisi per accentuare le differenze sociali, colpendo alla radice le più basilari garanzie sindacali e del lavoro, e per realizzare quel processo, in atto da anni, di assoggettamento di tutte le istituzioni democratiche.

Questi obiettivi passano innanzitutto attraverso il ridimensionamento, diretto o indiretto, delle forme rappresentative del lavoro, siano esse politiche o sindacali. Nel corso di questi ultimi anni, nella più totale assenza di una opposizione parlamentare, l’unica vera forma di resistenza è stata messa in atto da tutte quelle forze politiche e sociali che, nelle piazze e nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, hanno sperimentato nuove forme di lotta e cooperazione, dando vita a generose battaglie per la difesa dei diritti e del lavoro, come lo straripante movimento studentesco dell’Onda, o la coraggiosa difesa del lavoro da parte della FIOM a Pomigliano e a Mirafiori. Siamo riusciti ad arrivare alla convocazione dello sciopero generale grazie alla spinta spontanea, dal basso, di tutti i lavoratori, a partire dai metalmeccanici. Lo sciopero generale del 6 Maggio è, infatti, figlio della manifestazione della Fiom del 16 Ottobre.

La piazza del 16 Ottobre poneva dei temi dirimenti per il nostro paese, che non rappresentavano la rivendicazione di una parte del Paese o di una minoranza, ma parlava di temi generali quali le condizioni materiali di vita di tutte e di tutti: quella piazza ha rappresentato un momento cruciale per tutti i lavoratori, ma anche per tutti gli studenti che hanno finalmente sviluppato piena consapevolezza della propria soggettività, del proprio ruolo centrale nei processi di lotta e di trasformazione di questa società, e quindi, in una espressione, hanno maturato una vera consapevolezza di classe. La capacità degli studenti di legare la propria battaglia di difesa dell’università e della scuola pubblica ai temi del lavoro e alle lotte sindacali, rompendo la separatezza dei propri microcosmi, ha rappresentato la vera nota positiva dell’ultimo biennio di lotte. Questo sciopero generale può essere il valore aggiunto per dare un’anima popolare ad una politica ormai abbarbicata nei palazzi del potere.

Lo sciopero del 6 Maggio può e deve essere la miccia per innescare un’alternativa al berlusconismo, anche perché nel nostro Paese aleggia un malessere ed una domanda di cambiamento assai più profondi della opaca rappresentazione data dagli articoli di stampa o dalla percentuale di “SI”, “NO”, “forse” dei sondaggi. Si è davvero superato il limite. A dirlo non è più la sola FIOM, o la FLC CGIL, ma sono anche i lavoratori del pubblico impiego, i pensionati e quelle migliaia di donne e di uomini che sono precari, che subiscono il ricatto di un lavoro senza diritti, oppure che hanno perso il posto di lavoro e che probabilmente non lo ritroveranno più, o peggio non l’hanno mai avuto. Tra questi, tantissimi sono giovani ragazze e ragazzi privati del diritto allo studio, all’istruzione, al lavoro, e, più in generale, del diritto al futuro. E’ necessario svelare lo scandalo principale dell’Italia di oggi, cioè l’estromissione di un’intera generazione da un’immagine di futuro.

La precarietà è il nemico che indichiamo, un peso insopportabile sulle spalle di una generazione, ovvero quelli che oggi hanno dai 14 ai 40 anni. La precarietà è un una nube grigia che avvolge le nostre città, le nostre famiglie, le nostre vite; la precarietà è il destino terribile che ci hanno costruito addosso ma al quale ci ribelliamo con forza, a partire dallo sciopero generale, lottando per il nostro riscatto collettivo, alla riconquista del futuro che ci è stato rubato. Far credere che la storia sia ineluttabile è il grande inganno di chi vuol conservare l’esistente. La storia è nella mani dell’uomo, perché è dal sudore, dalla lotta, dal lavoro che passa il riscatto dell’uomo; perché solo dalla riconquista dei diritti e della dignità del lavoro si da vita ad una nuova stagione di cambiamento nel nostro Paese: viva lo sciopero generale!

*Coordinatore regionale Giovani comunisti/e Lazio **Resp. nazionale movimenti e coordinatore FGCI Lazio

3 Maggio 2011