A 60 anni dai fatti di Reggio Emilia

“A diciannove anni è morto Ovidio Franchi
Per quelli che son stanchi o sono ancora incerti
Lauro Farioli è morto per riparare al torto
Di chi s’è già scordato di Duccio Galimberti
Son morti sui vent’anni per il nostro domani
Son morti come vecchi partigiani
Marino Serri è morto, è morto Afro Tondelli
Ma gli occhi dei fratelli si son tenuti asciutti
Compagni sia ben chiaro che questo sangue amaro
Versato a Reggio Emilia è sangue di noi tutti”

Fausto Amodei – Per i morti di Reggio Emilia

C’è un filo rosso, in ogni senso, che ci lega alla mobilitazione antifascista di quel luglio 1960.
Da un lato il movimento, dei ragazzi con le magliette a righe, nato sull’impulso della resistenza contro un neofascismo che come una metastasi ha sempre permeato una certa parte delle istituzioni repubblicane, mai ripulite del tutto dai nostalgici del ventennio eversivi e autoritari.
Dall’altro lato il partito comunista, vera e propria spina dorsale della democrazia nel nostro paese, la cui lotta è sempre stata quella di portarla fuori dalle leggi scritte per farla vivere nella società reale.

Nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, addirittura nelle dinamiche parlamentari, la storia del Partito Comunista italiano è la storia di chi con la lotta ha salvato l’Italia dalla restaurazione del fascismo sotto mentite spoglie.
Certamente, lo stato di salute delle organizzazioni che si rifanno a quella storia oggi non è il migliore: ma l’esempio di chi lottò e diede la vita in condizioni durissime, é lì oggi a dimostrarci che possiamo farcela, che il sogno di una Italia socialista può essere trasformato in realtà con la lotta e l’organizzazione.
Perché quei ragazzi, quei compagni, che il 7 luglio 1960 pagarono con la vita la furia di uno dei tanti tentativi golpisti del potere democristiano, erano giovani comunisti come noi.

Anche per onorare il loro sacrificio oggi dobbiamo opporci con vigore ad ogni scellerata ipotesi di equiparazione tra fascismo e comunismo, portata avanti da quella stessa maggioranza di destra che diede vita al Governo Tambroni e che adesso, persino coi medesimi simboli della fiamma tricolore e del quanto mai ipocrita aggettivo “democratico”, ha scritto una delle peggiori pagine della storia del parlamento europeo.
Una maggioranza politica unita dal revisionismo storico, oggi rafforzata dal vero e proprio incubo che dopo la pandemia di Covid-19 si torni apertamente a parlare di socialismo e di intervento pubblico in economia, che anche sui territori si trova compatta nel negare spazi di agibilità democratica alle forze comuniste e della sinistra di alternativa, come nel caso di Rosignano (LI) in cui PD e Fratelli d’Italia hanno negato la vicepresidenza del consiglio comunale alla sinistra per eleggere un esponente del partito della Meloni.
Non possiamo dimenticare i morti di Reggio Emilia, ed è nostro compito come comunisti rendere la loro lotta più che mai attuale: contro ogni deriva autoritaria, in Italia e in ogni paese del mondo, per una società libera dallo sfruttamento e dal fascismo.

Nicolò Martinelli – Responsabile nazionale antifascismo GC