GC e scuola oggi: una analisi e alcune proposte

corteo-studentiCosì come per altre tematiche sistemiche riferite all’articolazione dello stato di cose presenti, come giovani comunisti riteniamo necessario analizzare le questioni riguardanti l’istruzione non solo in termini di linee d’azione immediate da declinare sui territori, bensì anche producendo a livello nazionale un’elaborazione complessiva più ambiziosa, capace di delineare il modello di sistema formativo che vogliamo ed individuare di conseguenza gli strumenti per realizzarlo.
Partendo dagli elementi critici del sistema attuale, che riteniamo derivare in parte dal permanere dell’impostazione gentiliana e in parte dalle riforme degli ultimi decenni, proponiamo perciò alcuni punti dai quali immaginare un diverso modello di istruzione.

Caratteri gentiliani: meritocrazia e classismo
Come comunisti, è anzitutto fondamentale mettere a fuoco e decostruire le caratteristiche che fanno dell’attuale scuola pubblica italiana un sistema classista che perpetua le disuguaglianze socio-economiche, contribuendo anzi a legittimarle nell’immaginario collettivo.
L’organizzazione e il funzionamento del sistema scolastico riflettono ancora i principi fondanti della riforma Gentile di fascista memoria: un’articolata struttura di voti, premi e punizioni ricevuti passivamente dagli alunni, che influisce pesantemente sullo status (o lo stigma) sociale degli individui, mettendoli più o meno direttamente in competizione tra loro attraverso la gerarchizzazione dei voti. Si realizza così la meritocrazia nel suo originario significato negativo: le persone vengono classificate sulla base di un rendimento standardizzato, premiate o punite, e di conseguenza, con il procedere della carriera, inquadrate in un ruolo sociale – assegnato loro come un vero e proprio destino. Non tenendo conto della diversificazione di classe degli alunni, infatti, questo sistema penalizza coloro che si trovano in condizioni materiali sfavorevoli allo studio e favorisce coloro che sono più avvantaggiati dalle proprie condizioni materiali; idealizzando lo studio come sacrificio personale, anche grazie ad una certa retorica cattolica del martirio, le cause del rendimento scolastico dell’alunno sono interamente trasferite sulla sua resposabilità (o colpa) individuale, suggerendo una lettura morale dei suoi risultati: i meno “bravi” meritano condizioni materiali e sociali peggiori, i più “bravi” meritano condizioni materiali e sociali migliori. In questo modo, oltre ad annichilire di fatto qualsiasi ipotesi della tanto decantata mobilità sociale, l’attuale sistema scolastico convince attivamente gli individui delle classi benestanti di essere migliori, più intelligenti, più meritevoli di successo, mentre gli individui delle classi più svantaggiate vengono convinti di essere inadatti allo studio e quindi naturalmente destinati a minor benessere; il profondo classismo dell’interno sistema è così perpetuato nei fatti e radicato nell’immaginario collettivo.
Il superamento di questi elementi, sia con strumenti di contrasto nell’immediato che proponendo un altro modello di scuola pubblica, dovrà essere l’obiettivo della discussione dei Giovani Comunisti.
Il nostro modello di scuola di riferimento non potrà quindi che ribaltare il principio fondante: non più una scuola che inquadri l’individuo assegnandogli un destino sociale e materiale, bensì una scuola che aiuti l’individuo a mettere a fuoco le proprie attitudini, a capire cosa voglia fare e chi voglia essere. Sarà necessario ripensare completamente l’approccio didattico, favorendo l’interazione, l’integrazione collettiva e la solidarietà anziché la competitività con un’educazione che sia anche “emotiva”, aumentando il rapporto numerico docenti/studenti e superando la passività delle mere lezioni frontali in favore della valorizzazione della partecipazione attiva degli studenti; anche il sistema dei voti nella sua forma attuale, passivizzante e funzionale solo a fare graduatorie di meritevoli e immeritevoli, dovrà essere abolito, preferendo giudizi estesi che diano indicazioni utili allo studente e gli permettano di interagire attivamente con il docente e con i contenuti; allo stesso modo dovranno essere superati strumenti inutilmente punitivi e costrittivi come la bocciatura, il “debito” rimandato a settembre e il voto in condotta, che perderebbero semplicemente di senso in presenza di una docenza capace di modellarsi sulle esigenze degli studenti, ad esempio affiancando di più chi ha più difficoltà. Dovrà inoltre essere una scuola laica e pluralista, che incoraggi il pensiero critico piuttosto che il nozionismo: non dovrà esserci spazio per ore di “religione cattolica”; lo studio della varietà delle culture umane dovrà anzi essere integrato nei programmi didattici.
In questo quadro, sarà imprescindibile affrontare la questione della formazione dei docenti. L’attuale formazione per insegnanti si rivela iniqua e insufficiente. Infatti costringe migliaia di persone, indipendentemente dal reddito, a spendere cifre ingenti, per nulla proporzionali alla durata e alla qualità della formazione ricevuta, facendo cassa sugli elementi deboli della società: neo-laureati, insegnanti non strutturati e supplenti che dispongono saltuariamente dello stipendio e sono disposti a investire spesso le poche risorse che hanno per ottenere un riconoscimento legale. Con l’accesso a numero chiuso attraverso prove che sembrano rifarsi al “nozionismo” dei test INVALSI, esclude migliaia di persone che avrebbero il diritto a essere abilitate a svolgere il lavoro per cui hanno studiato; inoltre non offre percorsi adeguati alla formazione dell’insegnante bensì, per contenere le spese, si serve spesso di docenti universitari interni che frequentemente si limitano a replicare corsi già erogati nei corsi di laurea, che per gli insegnanti in formazione sono quindi ripetizioni di quanto hanno già seguito durante il precedente percorso di studi.
La sovversione del paradigma della scuola pubblica come strumento del fissismo sociale può inoltre passare per l’abolizione della differenziazione delle scuole medie superiori e della relativa gerarchizzazione: accompagnata da un radicale cambiamento della percezione culturale del’istruzione, l’introduzione di un’unica istituzione di scuola superiore con poche materie di base comuni a tutti, dove gli studenti possano per il resto personalizzare il proprio percorso all’interno dell’offerta formativa (con la possibilità di optare per percorsi consigliati e di avvalersi dell’aiuto di un tutor), favorirebbe la realizzazione individuale e contribuirebbe a scardinare il circolo vizioso di meritocrazia e pregiudizio sociale.
Parallelamente, è fondamentale lottare per l’introduzione di sistemi di welfare e di diritto allo studio anche a livello scolastico: garantendo trasporti gratuiti, materiale scolastico in comodato d’uso e disponibile in formato digitale, servizi di ristorazione e apertura pomeridiana degli edifici scolastici in modo da renderli disponibili come spazi di studio.

Riforme recenti: autonomizzazione degli istituti e disimpegno dello Stato
Le riforme degli ultimi decenni sono state accomunate dalla tendenza a delineare l’autonomia degli istituti scolastici, sia sul piano organizzativo che su quello economico, legittimando così il progressivo disimpegno da parte dello Stato nel finanziamento e nella gestione della scuola pubblica. A questo si è associata la retorica dell’orientamento al mercato come obiettivo formativo principale, imponendo la competizione tra istituti ed incoraggiando il ricorso a fonti di finanziamento, o anche solo di integrazione didattica, private.
Per garantire a tutti una scuola pubblica libera, laica, di qualità, è necessario invertire questa tendenza: a partire dal rifinanziamento della scuola pubblica, sbloccando il turn-over (intervento, questo, urgente per tutte le pubbliche amministrazioni) e ridando centralità all’organizzazione della scuola, dal rinnovo dei programmi alla gestione del fabbisogno e delle assunzioni di personale. Di impellente necessità è inoltre un piano edilizio per la messa in sicurezza degli edifici e il costante controllo delle loro condizioni.

È dunque evidente che la scuola pubblica necessita di una riforma radicale che, contrariamente agli interventi precedenti, si basi su una discussione trasparente e sul coinvolgimento di tutte le categorie coinvolte. I Giovani Comunisti dovranno esserne promotori in prima linea, costruendo percorsi di confronto e partecipazione pubblica e portando avanti un’elaborazione avanzata sul tema.

Cosa fare nell’immediato come GC nelle scuole
La trasformazione della scuola non può nascere che dalla sensibilizzazione e dalla presa di coscienza dei soggetti e delle categorie che la animano. Per questo, il posto dei Giovani Comunisti è nelle mobilitazioni per la scuola pubblica: pur trattandosi generalmente di campagne senza progettualità di ampio respiro, sono da un lato il terreno di contrasto immediato di interventi normativi peggiorativi, e dall’altro occasioni di confronto in cui portare la propria elaborazione, fornire supporto organizzativo grazie alla nostra struttura e contribuire a connettere le lotte. Allo stesso modo, di grande utilità è partecipare a collettivi scolastici o favorirne la formazione, così come fruire degli istituti di rappresentanza studentesca più periferici: queste forme di partecipazione, pur non potendo ambire a progettualità di lungo di periodo a causa della loro naturale fluidità e del continuo ricambio, mettono in contatto tra loro gli studenti e ne incoraggiano la discussione, oltre ad essere un punto di riferimento per le mobilitazioni; per i Giovani Comunisti sono perciò un’occasione di confronto e di osmosi con altri studenti sensibili alle nostre istanze, nonché un contatto vivo con le lotte reali.

GIOVANI COMUNISTE/I – PISA

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