La prima tappa del nostro viaggio in Kurdistan

Sebastian-Meyer-Newroz-08Questa giornata d’esordio del viaggio al quale partecipiamo, organizzato dall’Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia, è stata estremamente interessante. Vi forniamo un resoconto sintentico, dato che siamo sul campo, per poi riservarci l’approfondimento e le riflessioni politiche a fine viaggio.

In mattinata il nostro gruppo della missione di osservatori internazionali, che conta più di 130 partecipanti complessivamente dall’Italia in varie città curde, ha visitato il comune di Viranșehir.

Siamo stati ricevuti dalla sindaca Filiz Yilmaz, che ha sottolineato l’importanza delle donne in politica e della lotta comune a tutte le donne per conquistare la libertà. Viranșehir è una città di circa 180mila abitanti e, nel pieno dell’emergenza, ha ospitato fino a 8mila profughi yezidi. Il comune li ha accolti in un campo, cercando di fornire loro anche supporto medico e psicologico.

Dopo il colloquio con la sindaca, abbiamo festeggiato il Newroz con la popolazione di Viranșehir. In una grande festa di piazza, con musica e comizi, il popolo ha richiesto a gran voce la liberazione di Abdullah Öcalan e ha ricordato i martiri di Kobanê.

In seguito abbiamo visitato il Centro Culturale di Viranșehir, dove le donne gestiscono laboratori e piccole attività commerciali, assieme all’assessora per le Pari Opportunità Rihan Inankayhan.

Dopo il pranzo con la sindaca, che è stato occasione di confronto e di dialogo, infine abbiamo visitato il campo profughi, che ospita gli abitanti di Şengal, una città del Kurdistan irakeno, fuggiti qui dalle violenze di cui sono stati vittime per mano dell’Isis a causa della loro appartenenza alla religione yezida. Gli abitanti erano ansiosi, nonostante le difficoltà linguistiche, di raccontare non solo la loro storia dolorosa, ma anche di mostrarci come guardano al futuro autogestendo il campo, che non è in mano all’Onu, ma è un campo comunale curdo.

Essi, infatti, hanno tende adibite a cucina comune e a scuola. Ci sono, in particolare, due scuole autoorganizzate, una per i bambini fino agli otto anni e una per i ragazzi fino ai quattordici anni. L’insegnamento è impartito in lingua curda, cosa che solo l’autogestione ha potuto permettere, date le restrizioni all’uso di tale lingua in territorio turco. Il campo è popolato soprattutto da bambini, donne e anziani: i giovani uomini, dopo aver messo al sicuro le famiglie, per la maggior parte sono tornati indietro a combattere contro l’Isis.

SILVIA CONCA
delegazione Giovani Comuniste/i in Kurdistan

19 marzo 2015

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