Max Giusti, l’Uruguay e le droghe leggere

10378152_843181679048326_8868614464853972383_nCi mettiamo davanti al televisore ieri, più o meno tifosi, comunque interessati alla partita Italia – Uruguay. La simpatia autoctona per la nazionale di Prandelli e quella un po’ politica per la nazionale di Tabares, del paese del presidente Mujica, sempre dalla parte dei più deboli, degli ultimi.
Canale Raisport 1, programma: “Maxinho do Brasil”, frizzante, un po’ caotico, sempre pieno di applausi per le battute preparate dagli autori al conduttore Max Giusti. Ma la festa ci sta, gli applausi anche.
Prima della partita una carellata di battute e fra le prese di mira di calciatori, artisti, politici, si arriva ad una considerazione di Giusti che passa quasi inosservata, inascoltata in mezzo alla baraonda generale che mescola canzoni con fotografie, goal e commenti tecnici di Marco Civoli.
La considerazione riguarda l’approvazione della legge sulla legalizzazione della marijuana in Uruguay, recentemente approvata. Si mostrano ridancianamente gli effetti che avrebbe fatto sui calciatori della nazionale di Montevideo: ci si diverte fin qui.
Poi le immagini tornano in studio e Max Giusti osserva: “Bene, se la ridono tutti i calciatori, come avete potuto vedere. Questo è quanto accaduto (ovviamente siamo sempre sotto la sfera della battuta e dell’ironia) dopo l’approvazione di questa discutibile legge.”. E qui non siamo più sotto il fascio luminoso del proiettore del sarcasmo o della volontà di far ridere, qui il conduttore esprime un giudizio politico e un giudizio francamente evitabile e scoraggiante.
Sembrerebbe una trasmissione moderna, per niente bigotta o conservatrice. Eppure l’imitatore – conduttore fa passare il messaggio che la legalizzazione delle droghe leggere è discutibile. Si tratta di droghe, quindi di qualcosa di immorale per il comune senso del rispetto dell’individuo che si deve avere secondo qualche sacra morale ancora in vigore. Sicuramente in vigore a Saxa Rubra, vicino al grande raccordo anulare romano.
E’ un attimo, il messaggio passa, e proprio perché passa così rapidamente ha la capacità di inserirsi nella mente delle persone come subliminale, lasciando come eredità l’opinione che quella approvata dal governo e dal parlamento uruguayano sia una legge infausta, nociva per la salute ad esempio dei giovani, che invita magari al consumo indiscriminato delle droghe.
I detrattori dell’antiproibizionismo espongono sempre tesi a difesa della salute e dell’integrità fisica delle persone e ormai volutamente non tengono conto del fatto che non esiste nessuna prova scientifica, nessuno studio socio-antropologico che dimostri che il passaggio dalle droghe leggere a quelle pesanti è immediato, meccanicistico, irreversibile.
E’ proprio il contrario invece. Spesso chi fa uso di droghe pesanti come cocaina, eroina, extasy e altre droghe sintetiche, non ha forse nemmeno mai fumato una canna e si può permettere di sniffare la polvere bianca (i cui effetti sull’organismo sono noti) per la sua facoltosa possibilità di averla.
L’eroina un tempo uccideva anche e soprattutto i poveri. Era la droga dei quartieri sottoproletari, mentre la cocaina veniva sniffata nei raffinati salotti borghesi su tavoli di cristallo di scrivanie anche molto importanti.
Peccato che Max Giusti si sia lasciato scappare la sua opinione sulla legalizzazione delle droghe leggere, perché sarebbe stata una bella trasmissione da seguire per avere un commento allegro di una partita di calcio non altrettanto allegra. Ma è divenuto un commento insopportabile e per questo abbiamo preferito seguire la tortura dei novantacinque minuti da Natal su Rai Uno.
Soffrire per soffrire, almeno si soffre senza pensare e ripensare che ancora giovani comunicatori come Giusti la pensano come Giovanardi (o quasi) e invece di condurre un programma di calcio che tenta di far ridere potrebbero sedere in un salotto televisivo come quello di Porta a Porta e dire lì la loro sulle droghe leggere. Lì sarebbe giusto, magari davanti ad un contradditorio. In uno spettacolo di sport è inopportuno, ma è uno dei modi migliori per comunicare senza comunicare apertamente.

MARCO SFERINI

da la Sinistra quotidiana

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