LE UNIVERSITA’ SONO AL COLLASSO

22lettere-intervento-universita-foto-emblemaPer il Con­si­glio Uni­ver­si­ta­rio Nazio­nale (Cun) ser­vono sei­mila pro­fes­sori ordi­nari e 14 mila asso­ciati entro il 2018 e 9 mila ricer­ca­tori a tempo deter­mi­nato entro il 2016 per non fare morire subito l’università ita­liana. Que­sto piano di reclu­ta­mento, viene pre­ci­sato nella rela­zione appro­vata ieri dall’organo di rap­pre­sen­tanza del sistema uni­ver­si­ta­rio, è sol­tanto un prov­ve­di­mento di emer­genza per una «messa in sicu­rezza» del sistema e per con­te­nere l’emorragia cau­sata dai tagli strut­tu­rali agli ate­nei dal 2008 (-1,1 miliardi di euro) e dalla pen­sione di migliaia di docenti ordi­nari (9.486 entro il 2018) che non potranno essere sosti­tuiti per il blocco del turn-over e la scar­sità di risorse. La situa­zione è gra­vis­sima e, entro quat­tro anni, la didat­tica e il fun­zio­na­mento degli ate­nei sarà al collasso.

L’analisi del Cun è impie­tosa. Dal 2008 al 2014 il numero dei pro­fes­sori ordi­nari è calato del 30% (quello degli asso­ciati del 17%) e per i gio­vani non ci sono oppor­tu­nità di ingresso nella docenza. Senza un rifi­nan­zia­mento da 400 milioni di euro nel 2018 il numero dei pro­fes­sori ordi­nari scen­derà del 50% rispetto al 2008 (quello degli asso­ciati calerà del 27%). Il crollo del numero dei docenti è l’altra fac­cia di quello delle imma­tri­co­la­zioni (da 63 mila all’anno alle attuali 15 mila) e del basso numero dei lau­reati (il 26% con­tro la media Ocse del 40%). Com­ples­si­va­mente nel 2018 ci saranno 9.463 pro­fes­sori uni­ver­si­tari in meno e coloro che reste­ranno in ser­vi­zio avranno un età media alta: ordi­nari a 51 anni, asso­ciati a 44 anni e ricer­ca­tori a 37 anni. «La grave dimi­nu­zione nume­rica in corso, mai regi­strata in pre­ce­denza di que­ste dimen­sioni – sostiene il pre­si­dente del Cun Andrea Lenzi — ren­derà impro­po­ni­bile la cor­retta gestione e lo svi­luppo di un sistema uni­ver­si­ta­rio così com­plesso e arti­co­lato come il nostro, spin­gendo l’Italia in dire­zione oppo­sta alla ten­denza in atto negli altri Paesi». A regime, per il Cun i risparmi per le ces­sa­zioni andranno a com­pen­sare le spese per le nuove assun­zioni e per gli scatti sti­pen­diali, al netto dell’inflazione.

Ciò che è inte­res­sante nella pro­po­sta sul reclu­ta­mento avan­zata ieri dal Cun è la rico­stru­zione delle ragioni per cui l’università è finita in un vicolo cieco. Alla fine del 2006 la docenza uni­ver­si­ta­ria di ruolo aveva rag­giunto il mas­simo sto­rico: 62 mila docenti ripar­titi tra le tre fasce allora esi­stenti, con un picco di 20 mila ordi­nari rispetto al numero degli asso­ciati (circa 19 mila). In appa­renza, sem­bra una dina­mica pato­lo­gica: que­sti assunti hanno occu­pato tutti i posti e, giunti quasi alla pen­sione e in coin­ci­denza con bloc­chi e tagli, hanno inta­sato il sistema. Il Cun la spiega invece a par­tire da una com­plessa dina­mica demo­gra­fica. All’origine c’è stata l’ope legis che, nei primi anni Ottanta, per­mise l’immissione in massa di docenti oggi giunti ad un passo della pen­sione. Da allora, rispet­tando una schi­zo­fre­nica alter­nanza di «aper­ture» e «chiu­sure» del reclu­ta­mento, l’immissione nei ruoli della docenza avrebbe seguito una media costante: 1700 ricer­ca­tori, 1250 asso­ciati e 750 ordi­nari all’anno.

Pur alte­rato all’origine, il sistema sem­bra avere tro­vato un equi­li­brio tra il numero dei nuovi entrati e quello dei pen­sio­nandi. Prima dell’innalzamento dell’età pen­sio­na­bile sta­bi­lito dalla riforma For­nero, e del blocco del turn-over, anda­vano in pen­sione circa milla ordi­nari, 500 asso­ciati, 500 ricer­ca­tori all’anno. Numeri rad­dop­piati nel 2010 a causa della coin­ci­denza della riforma, del taglio ai fondi degli ate­nei e del blocco del turn-over che hanno por­tato alla chiu­sura dei canali di reclutamento.

Le con­vul­sioni in cui si tra­scina l’abilitazione scien­ti­fica nazio­nale gestita dall’Anvur, sem­pre più oggetto di ricorsi ai Tar, hanno aggiunto un altro tas­sello al fal­li­mento del sistema. In un’ottica emer­gen­ziale, il Cun chiede l’abolizione del sistema dei punti orga­nico, l’anticipazione dello sblocco del turn-over al 2015, e non al 2018, un piano straor­di­na­rio per asso­ciati da 75 milioni di euro.

ROBERTO CICCARELLI

da il manifesto

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