Ma siamo davvero autosufficienti?

Intervento di Simone Oggionni alla Direzione nazionale del PRC

Considero molto positiva la proposta programmatica avanzata dal segretario: va nella direzione giusta, segnala una vocazione finalmente maggioritaria del gruppo dirigente, ci può fare tornare in pista e contiene proposte complessivamente molto condivisibili.
Aggiungo tre cose, che possono completare anche in chiave generazionale la nostra proposta:
1.      dobbiamo rilanciare con forza il tema dell’abrogazione della legge 30 (una proposta chiara e ad altro impatto simbolico) e della legge Gelmini, come propone una parte significativa del movimento;
2.      dobbiamo recuperare la proposta della scala mobile;
3.      dobbiamo dare risposta alla precarietà, alla disoccupazione e alla sofferenza salariale, soprattutto dei giovani, con un’idea dirompente: un piano straordinario per il lavoro e il lavoro minimo garantito. In subordine, l’idea di un salario sociale strettamente connesso alla produzione non come sussidio di disoccupazione ma come integrazione salariale e come reddito diretto per chi deve entrare nel mondo della produzione o ne è temporaneamente espulso. L’importante è rigettare qualunque ipotesi, per noi culturalmente irricevibile, di reddito di esistenza o di cittadinanza.
Secondo punto, e ultimo.
Io non so la percezione che abbiamo, ciascuno di noi e collettivamente, dello stato del partito e della Federazione della Sinistra.
Io vedo una situazione drammatica, ancor di più a livello “psicologico”: vedo tra le compagne e i compagni frustrazione, disorientamento, scoramento, disillusione, senso permanente di sconfitta. Su questo terreno colloco l’appello di cui lungamente abbiamo discusso (come causa e conseguenza di questi sentimenti) e soprattutto giudico le reazioni che questo appello ha scatenato.
Ma cosa deve fare un gruppo dirigente serio e credibile? Esultare (come si è fatto) perché un gruppo di compagni se ne è andato, un pezzo del piombo nelle ali, oppure riflettere, capire dove abbiamo sbagliato anche noi (non soltanto loro, con la convinzione autistica che quelli che se ne vanno hanno sempre torto) e soprattutto – immediatamente – indicare una direzione?
Penso che sia più corretta questa seconda impostazione e per questo sono molto preoccupato dalla leggerezza con cui si proclama la nostra autosufficienza.
Non c’è più la Rifondazione del 1991 né quella del 1996 né quella del 2001 e neppure quella del 2006.
Tre obiezioni, allora, e concludo.
La prima: per un elemento di credibilità politica collettiva, proviamo a tenere fede a quello che pensiamo e diciamo per più di sei mesi. Ho letto critiche all’unità dei comunisti da parte di compagni che a Chianciano scrissero una mozione che chiedeva appunto di superare il Prc per fare l’unità dei comunisti. E ho letto ricostruzioni dei vent’anni di Rifondazione in cui si è criticata radicalmente la svolta governista di Bertinotti (che avrebbe “interrotto” la rifondazione) da parte di compagni che al tempo sostennero, anche con un certo entusiasmo, quella svolta.
La seconda: i sondaggi ci danno all’1.7% e a breve ci saranno le elezioni amministrative. Se rompessimo la Federazione della Sinistra e andassimo da soli quanto prenderemmo? Ve lo dico io: a malapena l’1%. Sarebbe la morte del nostro progetto politico.
Infine: siete davvero convinti che serva a questo partito delineare un dibattito congressuale manicheo in cui da una parte c’è il mantra della rifondazione (l’innovazione, l’autonomia, la critica dell’identità, in una parola l’autosufficienza) e dall’altra tutti gli altri, con l’anello al naso, che sarebbero quelli della restaurazione, dell’ortodossia, dello stalinismo e del veterocomunismo? Serve tutto questo o ci indebolisce ulteriormente?
Un po’ di rispetto per i compagni e un po’ di buon senso. Penso che la vera rifondazione si possa compiere, a distanza di vent’anni, soltanto dentro un percorso inclusivo e unitario (dei due partiti comunisti dentro la Fds e della sinistra con la Fds e fuori dalla Fds). E penso che questa sia l’unica salvezza e l’unica vittoria.

SIMONE OGGIONNI

10 Febbraio 2011

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