Il rilancio dei GC per un grande movimento, per l’unità di classe

di Simone Oggionni – Intervento alla Direzione naz.le del PRC

Ha ragione il segretario nel porre la questione generazionale dentro il partito. Ha ragione e io rilancio: c’è un problema generazionale nella composizione dei gruppi dirigenti e dunque una necessità di profondo rinnovamento, a tutti i livelli, e c’è un problema di scarso investimento del partito nei giovani e di difficoltà nei rapporti con i Giovani Comunisti, che al contrario dovrebbe essere permanente e non episodico, anche quando i giovani esprimono una linea politica non perfettamente coincidente con quella della maggioranza del gruppo dirigente del partito.

È per questo che io avrei invitato i Giovani Comunisti a questa riunione della direzione che ha a tema anche il movimento studentesco, per provare a coinvolgere il pezzo del partito che è direttamente coinvolto nel movimento.

Non funziona, a mio avviso, lo schema per il quale il partito decide senza i Giovani Comunisti e i Giovani Comunisti lavorano di conseguenza e nemmeno quello per cui i Giovani Comunisti decidono senza il partito e poi magari il partito dà, a cose fatte, un giudizio negativo del loro operato.

Anche per ovviare a quest’assenza invito il segretario a partecipare al prossimo esecutivo dei Giovani Comunisti per discutere con noi del movimento e di come intervenirvi nel presente e in futuro.

Nel merito: io definisco i movimenti di queste settimane come l’epifenomeno di una rivolta generazionale, dentro un contesto oggettivamente esplosivo (la crisi economica, la drammaticità della questione giovanile, la percezione nitida di moltissimi della mancanza di futuro, il distacco clamoroso tra la politica e la società che viene scaricata dalla politica sulle spalle dei giovani, come dimostra in maniera paradigmatica la vicenda della deputata Polidori che vota la fiducia al governo mentre il governo vota la riforma universitaria che favorisce il modello Cepu di cui la Polidori è direttamente beneficiaria mentre decine di migliaia di giovani scendono in piazza in tutta Italia proprio contro quel modello).

Una rivolta che esprime un salto di qualità evidente rispetto all’Onda proprio sul terreno della consapevolezza della natura strutturale della crisi capitalistica. Salto di qualità anche nelle pratiche: e proprio pratiche materiali così radicali dimostrano (non solo in Italia, ma anche in Francia, in Inghilterra, in Grecia e ora nel Maghreb) che l’idea astratta della non violenza è una grande illusione metafisica che vive più nelle nostre elucubrazioni intellettualistiche che nella materialità dello scontro sociale.

Come può avere un futuro questo movimento? Dico due cose molto semplici. La prima: la rivolta deve diventare volontà organica di trasformazione e questo suo essere in potenza “anti-capitalistica” deve diventare “atto”, azione rivoluzionaria pienamente conseguente, e il partito deve lavorare in questa direzione. La seconda: si deve costruire una saldatura strutturale – in termini classici e novecenteschi, e ha ragione in questo Forenza: è una questione di cultura politica – tra le organizzazioni dei lavoratori e il movimento studentesco, con parole d’ordine e proposte che parlino ad entrambi i soggetti: non soltanto la richiesta dell’abrogazione della legge 30 e della riforma Gelmini (sullo sfondo dell’obiettivo di battere e cacciare il governo Berlusconi), ma anche la proposta del salario sociale, di un piano nazionale per il diritto allo studio e di un piano nazionale per l’occupazione e lo sviluppo, nel quale le sinistre tornino prepotentemente a rivendicare un intervento pubblico e statale per il diritto all’istruzione e al lavoro delle giovani generazioni.

Ultimo punto: che cosa dobbiamo fare noi, come comunisti, per dare un futuro a questo movimento? Noi come Giovani Comunisti abbiamo fatto due cose, nella nostra solitudine e nella limitatezza delle nostre risorse: abbiamo investito strategicamente sull’autonomia dei soggetti sociali (nella fattispecie: del movimento studentesco), rifiutando qualsiasi logica avanguardistica ed evitando di costruire strutture di ceto politico o di entrare a fare parte organicamente di una struttura già esistente. Abbiamo scelto di lasciare liberi i nostri compagni di lavorare, nei movimenti, in ogni territorio nelle modalità e nelle forme che i nostri compagni liberamente sceglievano. Contestualmente, abbiamo indicato una linea politica unitaria molto chiara, provando a far crescere il movimento su di una linea politica avanzata, permeando con questa linea ogni struttura del movimento. Questo obiettivo però porta con sé la necessità di puntare sull’organizzazione, in termini classici, per rafforzare la presenza capillare del partito in ogni realtà di studio e di lavoro. E, infine, porta con sé la necessità di non abbandonare, come ho sentito invece proporre in questa discussione, il tema della rappresentanza politica dei movimenti (anche perché, banalmente, se non ci pensiamo noi ci pensano altri, dal Pd a Sinistra Ecologia Libertà).

Da questo punto di vista il partito sociale è una risorsa fondamentale ma non può né autonomizzarsi dal partito (lasciando al Prc solo il tema dell’alleanza e del rapporto politicista con gli altri partiti in vista delle tornate elettorali), né diventare da solo l’asse portante della linea politica del partito.

Che è composta, dato che siamo un partito e per di più un partito comunista, anche da altro, muovendo dall’internità ai movimenti con l’obiettivo di costruire l’unità di classe (nei luoghi che oggi ci sono, a partire da Uniti contro la crisi, che va costruita in tutte le realtà territoriali) con un programma chiaro e radicale. E che su questi contenuti si pone l’obiettivo di rafforzare la Federazione della Sinistra, di costruire al suo interno l’unità dei due partiti comunisti e di operare concretamente (valorizzando e non snobbando le proposte che già sono in campo e che vanno in quella direzione) per l’unità della sinistra, che è l’unica speranza che abbiamo in questa fase e che soprattutto possono avere i lavoratori e i movimenti sociali.

SIMONE OGGIONNI

12 Gennaio 2011

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