GC e FGCI: un’unica, grande organizzazione giovanile

di Simone Oggionni Venerdì prossimo in tutta Italia, nelle piazze delle città più importanti, sfileranno gli studenti che, mettendo d’accordo tutte le sigle del movimento, hanno indetto una giornata di mobilitazione nazionale contro la riforma Gelmini e i tagli all’istruzione pubblica. Il 16 toccherà ai metalmeccanici, per la manifestazione convocata dalla Fiom per i diritti e il salario, intorno a cui si troverà ancora una volta la parte sana e più combattiva del Paese con l’obiettivo di dare una spallata al governo delle destre.
Due manifestazioni che seguono le prime mobilitazioni degli insegnanti precari e dei ricercatori, numerosi episodi di conflittualità operaia contro l’accordo separato e la modifica del contratto nazionale e la riuscita manifestazione democratica contro Berlusconi di ieri.

Un calendario denso che dà dunque il segno di un Paese non pacificato, non arreso, in cui i conflitti più eclatanti (per la democrazia; per la cultura e la scuola pubblica; per il lavoro contro l’arroganza padronale) si possono incontrare e moltiplicare, costruendo una parte di quella massa critica che è necessaria per voltare pagina.
Ci siamo più volte interrogati – è questo il compito della politica – sul nostro ruolo dentro questa realtà fluida. Sul ruolo della sinistra, dei comunisti, delle forze organizzate dell’alternativa. Lo abbiamo fatto in questi mesi (in questi anni) provando a mantenere la barra sulla nostra utilità sociale più che sul nostro istinto di auto-conservazione. Provando cioè a non disconnettere mai le riflessioni sulle forme della politica (il partito, i movimenti, la Federazione della Sinistra) dalla realtà viva del conflitto sociale.
Da questo punto di vista, l’esperienza che i Giovani Comunisti stanno producendo penso dica qualcosa di molto semplice ma anche di molto istruttivo. Abbiamo lanciato, alla vigilia di mesi di lotte impegnative, l’idea di un soggetto unitario che metta insieme le due organizzazioni giovanili comuniste (Gc e Fgci, appunto) e, soprattutto, tutte le realtà di opposizione sociale che a livello generazionale abbiamo già incontrato e che ancora incontreremo. Partendo quindi dal basso e non dall’alto, dalla materialità del conflitto e non dall’empireo dell’ideologia, dalla necessità ambiziosa ma indiscutibile di costruire nel Paese qualcosa che non c’è mai stato: un’unica grande organizzazione giovanile della sinistra che conti davvero, che abbia un’identità aperta ma precisa, che unisca studenti medi e studenti universitari, lavoratori precari e intellettuali, che stimoli il senso d’appartenenza delle masse in movimento e che fronteggi – noi sappiamo quanto ce ne è bisogno – neofascisti, moderati e adepti della nuova anti-politica. Un’unica grande organizzazione giovanile della sinistra che prenda per mano anche la generazione dei nostri padri, inducendola a riflettere sui suoi errori e spronandola a capire i nostri linguaggi, la grammatica politica di una generazione che fa oggi la sua prima apparizione sulla scena della vita adulta.
Di fronte a questo progetto, la cui attinenza con il processo della Federazione della Sinistra è autoevidente, che cosa dice e che cosa pensa il nostro partito? Possiamo – in forma di premessa – dichiarare conclusa l’epoca in cui il partito si disinteressava totalmente della questione giovanile, salvo poi utilizzare i gruppi dirigenti più disponibili come massa di manovra per la lotta interna?
E possiamo dichiarare aperta l’epoca in cui anche a noi (noi come generazione, noi come organizzazione giovanile, noi come nuovo soggetto giovanile unitario) è data la possibilità di dire cosa pensiamo rispetto a ciò che accade nelle stanze sempre più chiuse e sempre più vuote di viale del Policlinico?
Perché la Federazione della Sinistra questo dovrebbe essere, per tutti: il luogo vero della discussione e del confronto senza steccati, il luogo in cui si elabora una linea politica e si decide insieme come portarla avanti.
Possiamo, allora e per esempio, introdurre nel nostro dibattito interno due idee molto semplici? La prima è questa: il congresso costitutivo della Federazione della Sinistra che finalmente è stato calendarizzato dia il “la” ad un soggetto politico vero e non ad un cartello elettorale. Abbiamo bisogno finalmente di politica e di una forza unitaria che torni ad incidere sulla vita politica e sociale del Paese, non di un patto tra estranei da rispolverare ad ogni tornata elettorale. La seconda è forse ancora più tautologica: che il congresso costitutivo sia un congresso vero. Un congresso in cui ogni compagno ad ogni livello territoriale sia chiamato a discutere la linea politica («una testa un voto» si è detto per molto tempo) e a votare i delegati e poi i gruppi dirigenti. Di questo abbiamo bisogno, perché quello che c’è fuori non ci aspetta più. Non aspetta più noi e le mille alchimie politiciste che abbiamo sino ad oggi frapposto tra noi e il completamento del processo unitario. Il conflitto sociale vero, il dibattito politico vero: campi e sedi da cui siamo stati progressivamente allontanati in questi ultimi anni.
Sapere invece che la Federazione della Sinistra scegliesse di investire – con un congresso di fondazione vero e partecipato – in un progetto politico di alternativa, con una linea chiara (battere Berlusconi, unità a sinistra, internità nel conflitto di classe), darebbe un senso anche al nostro progetto giovanile e, soprattutto, ricollocherebbe i comunisti dentro la vita sociale e politica del Paese. Manchiamo da un po’ troppo tempo.

SIMONE OGGIONNI
Portavoce nazionale Giovani Comuniste/i

da Liberazione del 3 Ottobre 2010

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