29 Agosto per non morire. I Compagni non dimenticano

Ricordo il rosso sulle nostre bandiere e i pugni chiusi fra i cortei ininterrotti. Ricordo i miei dodici anni…i calzoncini corti e tanto fiato in gola per gridare “Bella Ciao” anche a notte fonda. La notte dei presidi di chi conosceva l’amore per la prima volta su di un divano disastrato, in un anonimo incrocio che presto sarebbe divenuto cuore pulsante delle nostre vite.

E poi ricordo il 29 Agosto di sei anni fa. I sorrisi di piccoli volti roventi nei passeggini che sfilavano innumerevoli. Ricordo trentamila persone in marcia e la luce dello spirito rivoluzionario che illuminava un piccolo angolo di quest’epoca corrotta. Poi gli spari, le lacrime di mia madre e il sangue che impertinente colorava l’asfalto. Un pezzo di dignità veniva sottratto irrimediabilmente alla nostra generazione.

La Provincia di Napoli viveva ormai già da tempo l’emergenza rifiuti che solo nei successivi anni avrebbe assunto la dimensione mediatica tristemente nota a tutto il mondo. L’incompetenza degli impianti politici ben radicati fra gli scranni del feudo regionale, e la commistione secolare che nel Meridione da sempre associa il ciclo dei rifiuti all’onnipresente camorra nelle sue molteplici sfaccettature, fecero si che l’agro acerrano fosse identificato senza ragione alcuna quale centro nazionale di smaltimento di rifiuti domestici e industriali.

Già da dodici giorni erano partiti i lavori per la costruzione dell’ecomostro, fra lo sdegno generale, l’indifferenza di pochi, e la speranza di una casta che avrebbe presto fatto della parola “emergenza” un target al quale associare la ben più amata “profitto”. Nessuna pietà o protocollo furono adottati dalle forze dell’ordine, che contravvenendo a qualsiasi regolamentazione spararono indistintamente sulla folla lacrimogeni già precedentemente dichiarati nocivi ad altezza d’uomo e da mezzi aerei.

Da quel giorno, la paura, le promesse mai mantenute, e le nostre insufficienze divennero l’immagine più immediatamente tangibile della parabola discendente che avrebbe dichiarato estinto dopo appena due anni il fervore di massa rispetto alla vertenza.

Da quando l’inceneritore ha aperto in pompa magna i propri battenti gli sforamenti i polveri sottili hanno superato quota 270, con un impianto che ad oggi funziona a meno di un terzo del regime potenziale.

A Milano, qualche mese fa, una manciata di ore col cielo inquinato sopra i limiti consentiti è bastata agli inquirenti per indagare circa eventuali responsabilità degli amministratori. La legge, in questa striscia di terra, non è uguale per tutti; a dire il vero, non lo è mai stata. Le nostre vite non valgono quanto i profitti dell’alta borghesia industriale. Abbiamo tatuato sui dorsi un nome, un numero, e un prezzo. E mentre i cicli di Palazzo si rinnovano con la naturalezza di una gerarchia criminale, il cancro divora con avidi bocconi le vite di chi ci sta accanto.

La lotta per i diritti comuni non rappresenta la mera riproduzione di movimenti pseudo-libertari datati in un secolo ormai trascorso, bensì il punto punto più avanzato della lotta per la liberazione dell’essere umano dalla morsa del capitale.

Perfino la vertenza del lavoro, da sempre elemento cardine delle rivendicazioni delle sinistre mondiali, impallidisce dinanzi alla morte dell’individuo.

Il Meridione, terra di sperimentazione della barbarie liberista, è ancora una volta il punto più avanzato di una deriva reazionaria senza precedenti. Prima la dignità insieme al salario, poi la libertà insieme all’istruzione, e infine la vita stessa, con la lacerazione fisica del singolo.

In questi giorni torna pressante la convinzione che fra queste strade la prevaricazione dell’uomo sull’uomo trovi quotidianamente forme spontanee di espressione attraverso le ecomafie da un lato, e un sistema esasperatamente bipartitico – che pur di mantenere i propri avamposti avalla incondizionatamente le scellerate pretese degli alti ranghi delle rispettive trincee- dall’altro.

Scardinare dunque la struttura politica presente, costituisce per la Rifondazione Comunista un obbiettivo ipercentrale, una necessità immanente.

Domenica 29 Agosto, in questa eterna Cinisi di “Lazzari Felici” e Baroni senza esercito, i Giovani Comunisti e la Federazione della Sinistra tutta, ricorderanno il più imponente corteo ecologista del Paese, facendo della città di Acerra la Plaza de Mayo di chi come noi oggi sente di essere stato derubato del bene più prezioso: il diritto alla vita.

Un Microfono aperto sulla città e foto erranti appiccicate sui nostri dorsi sfileranno come i ricordi indelebili di chiunque assieme a un nome, un numero e un prezzo, abbia tatuato sulle pareti della propria giovinezza le parole Comunismo e Libertà.

ALESSANDRO FATIGATI

26 Agosto 2010

Alessandro Fatigati

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