NO MUOS, 22 FEBBRAIO E 1 MARZO IN PIAZZA

di Antonio Mazzeo

Svettano spettrali su una collina della riserva naturale di Niscemi le tre mega-antenne del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari che guiderà le guerre globali delle forze armate Usa. Anni di mobilitazioni popolari, decine di cortei, sit-in, azioni dirette nonviolente, blocchi stradali, uno sciopero generale autogestito, invasioni di massa di una delle più grandi installazioni della Marina militare degli Stati Uniti nel Mediterraneo, non sono stati sufficienti a impedire la conclusione dei lavori del quarto terminale terrestre di uno dei programmi strategicamente più rilevanti del Pentagono. Politici e ministri di centrodestra e centrosinistra, generali, manager e azionisti del complesso militare, industriale e finanziario nazionale hanno fatto fronte comune con la borghesia mafiosa contro la popolazione siciliana e i numerosi comitati di base locali sorti in opposizione alle logiche di guerra e in difesa della salute, dell’ambiente e del territorio. Le azioni dei militanti No MUOS sono stato brutalmente represse dalle forze dell’ordine, centinaia di giovani e donne sono stati oggetto di vergognosi provvedimenti penali e sono fioccate multe e sanzioni per migliaia di euro. Nell’Isola sempre più fortezza armata, sono stati pesantemente ridotti gli spazi di agibilità politica e democratica e limitati le libertà e i diritti d’espressione.

I governi succedutisi alla guida del paese nell’ultima decade hanno fatto a gara per accontentare qualsivoglia richiesta strategica del partner d’oltreoceano. L’Italia ha contributo alle guerre permanenti in Iraq, Afghanistan e Corno d’Africa; ha autorizzato il trasferimento della brigata aviotrasportata Usa dalla Germania a Vicenza e la creazione della grande base al “Dal Molin”; ha legittimato la trasformazione di Sigonella in capitale mondiale dei droni; ha trasformato il Nord-Est e la Sicilia in piattaforme avanzate per gli interventi armati di USAFRICOM nel continente africano; ha acquistato i famigerati cacciabombardieri a capacità nucleare F-35; ha spianto la strada al MUOS di Niscemi. Né impavido filo-atlantismo né supina subordinazione allo strapotere economico di Washington quello delle classi dirigenti italiane. Ma solo e semplicemente una logica di scambio ineguale sulla pelle, la salute e le tasche degli italiani, in nome del perseguimento di facili profitti da parte dei produttori bellici di casa nostra – a capitale pubblico e/o privato – come Finmeccanica, Fincantieri, Beretta, Iveco, ecc.. Un do ut des che ha consentito l’apertura del mercato statunitense ai mercanti di morte del Bel Paese, favorendo intrepide e dispendiose alleanze con i giganti del complesso militare industriale Usa. Prima fra tutte Lockheed Martin, poco meno di 50 miliardi di dollari di fatturato l’anno, artefice di fittissime reti d’interessi corruttivi in più di un continente, produttrice del MUOS e degli F-35, nonché partner di Finmeccanica nell’affaire dei cacciabombardieri, del sistema missilistico “anti-missili” MEADS e, da qualche giorno, di un sofisticato sistema di controllo e comunicazioni per il nuovo comando Nato di Bruxelles.

Un’incomparabile differenza di forze in campo: il Golia a stelle e strisce con i suoi mercenari a Roma e nel governo regionale della Sicilia (fra tutti, gli ultimi due presidenti-governatori, l’“autonomista” Raffaele Lombardo e l’“antimafioso” Rosario Crocetta, più l’intero stato maggiore del Pd isolano); i cento-mille David che non si sono piegati neanche di fronte le intimidazioni e le minacce delle cosche più efferate di Cosa Nostra, le cui imprese sono state chiamate a realizzare le piattaforme di cemento armato per i tralicci e antenne satellitari nella “Sughereta”, in palese violazione delle normative ambientali, urbanistiche e antimafia. Intorno, l’indifferenza delle forze politiche, sociali e sindacali e i silenzi interessati o le omissioni dei grandi network editoriali e radiotelevisivi. L’esito del primo round del conflitto contro il MUOStro di Niscemi, in fondo, era scontato. Ma le mega-antenne montate (ma non ancora funzionanti) non rappresentano la fine dell’Utopia di una Sicilia ponte di pace e dialogo tra i popoli del Mediterraneo. Quello in atto è uno scontro epocale, per la stessa sopravvivenza della specie umana, mai come adesso minacciata dai folli piani di totale automatizzazione, dronizzazione e robotizzazione dei conflitti armati. Comitati e attivisti sanno bene che la mobilitazione non può che essere a medio e lungo termine e che sarà necessario affiancare il No al MUOS al No ai Droni e il NO alle guerre alle migrazioni scatenate dall’Italia e dall’Unione europea con l’Operazione Mare Nostrum e il trasferimento in Sicilia e a Lampedusa e Pantelleria di un enorme dispositivo militare aeronavale e di velivoli senza pilota anti-migranti. Un impegno a 360 gradi contro militarizzazioni, militarismi e guerre, in rete con tutte le soggettività in lotta contro il neoliberismo, le brutali politiche di austerità e annientamento della spesa sociale e i tagli all’occupazione, all’istruzione e alla sanità.

Il Movimento ha fissato le prossime tappe per la controffensiva No MUOS. Depositato in Parlamento il testo di una mozione per la sospensione immediata del progetto, nei prossimi giorni si rafforzerà il pressing perché finalmente le Camere, in ottemperanza agli articoli 11, 80 e 87 della Costituzione, deliberino contro l’installazione di un sistema di distruzione di massa, di proprietà ed uso esclusivo delle forze armate Usa. Sabato 22 febbraio, a Caltanissetta, un corteo e un presidio No MUOS ribadiranno il sacrosanto diritto ad opporsi ai piani di morte Usa, Nato e Ue, denunciando altresì il ciclone repressivo scatenato dalle forze di polizia e dall’autorità giudiziaria – dalla Val di Susa a Niscemi – ai danni dei singoli e delle realtà auto-organizzate che si oppongono alle Grandi Opere e ai processi di militarizzazione dei territori. L’appuntamento per tutti, infine, è per sabato 1 marzo ancora una volta a Niscemi, per una manifestazione di fronte la megastazione di radiocomunicazione NRTF e satellitare MUOS. “L’installazione all’interno della riserva naturale di Niscemi è da oltre vent’anni attiva con le sue 46 antenne apportando gravi danni all’ambiente e alla salute delle persone” denunciano i Comitati No MUOS. “Il primo di marzo ci muoveremo ancora una volta tutte e tutti verso la base attraverso cui governi e militari credono di poter raggiungere i propri fini di guerra e controllo passando sulle nostre vite. Determinati come abbiamo imparato ad essere, torneremo a riprenderci ciò che è nostro, sempre più convinti che l’occupazione militare non sia più tollerabile e che le scelte sui territori debbano essere determinate dalle esigenze delle popolazioni che li abitano e non dai disegni geopolitici delle potenze economiche”.

ANTONIO MAZZEO

da il manifesto

1 commento su “NO MUOS, 22 FEBBRAIO E 1 MARZO IN PIAZZA”

  1. Chiedo scusa all’amico Antonio Mazzeo, ma approfitto del suo intervento per “riesumare” un articolo che ho ritrovato in versione integrale. Nel 2006 era uscito sul Manifesto in versione ridotta (per ragioni di spazio, non per altro). Lo invio in ricordo di una delle maggiori manifestazioni che hanno attraversato le vie di questa città. Ricordo anche che purtroppo il Dal Molin, la nuova base statunitense, è ormai un fatto compiuto. Ma comunque la lotta continua…”Se ne andranno, se ne devono andare…”
    ciao
    GS

    La questione dell’aeroporto “Tomaso Dal Molin” (Vicenza) torna alla ribalta. L’incremento dei soldati in servizio a Vicenza giocherà un ruolo importante nell’ottica della ristrutturazione globale dell’esercito USA. Il Pentagono, infatti, ridurrà nei prossimi 5-10 anni le proprie truppe in Europa da 62mila a 24mila effettivi e trasferirà da Heidelberg a Wiesbaden (città entrambe nel sudovest della Germania) il quartier generale delle Forze terrestri. I piani prevedono inoltre la riduzione da 13 a 4 del numero dei comandi operativi in Europa: Grafenwoehr (Baviera, Germania), Wiesbaden (Assia, Germania), Kaiserslautern (Renania-Palatinato, Germania) e appunto Vicenza. Ai due battaglioni della 173ª Airborne Brigade, attualmente di stanza alla Ederle (ora in missione in Afghanistan), ne sarà aggiunto un 3°. Saranno i corpi d’élite di pronto impiego. I progetti prevedono la costruzione di un nuovo complesso militare ed il passaggio del settore civile dell’aeroporto, al fine di rimodulare la 173ª, cioè trasferire a Vicenza anche il contingente attualmente in Germania (per arrivare a un totale di oltre 4mila effettivi) e trasformarlo in Forza di Reazione Rapida, pronta in poche ore a trasferirsi nei teatri di guerra. Questo progetto, che l’amministrazione locale ha tenuto riservato per quasi due anni (per la cittadinanza solo indiscrezioni di stampa e reticenze nelle risposte a interrogazioni locali e nazionali; sono state le autorità statunitensi a dare notizie più dettagliate), accresce la presenza militare USA, s’inscrive in un contesto di dipendenza e servitù che contrassegna il nostro paese nei più svariati ambiti, avrà un impatto devastante in termini sociali, ambientali e di sicurezza in un territorio che vede già una consistente presenza di presidi militari.

    DIFENDERE LA TERRA NON È REATO
    – 2 dicembre 2006: dal corteo contro la nuova base USA a Vicenza –

    Nuova base nordamericana al Dal Molin? Si potrebbe anche pensare che in fondo i vicentini se la meritano. Se si convive per oltre cinquant’anni con un cancro come la “Caserma Ederle” (per non parlare delle basi sotterranee di “Pluto” a Longare e della “Fontega” al Tormeno) non è lecito meravigliarsi quando scoppia la metastasi.
    Eppure il sottoscritto e Arnaldo Cestaro possono testimoniare che le manifestazioni di protesta non sono mancate. Innumerevoli negli anni Sessanta e Settanta, all’epoca del Vietnam, hanno scandito la storia di questa città anche in epoca successiva. Alcuni di noi ricordano ancora la manifestazione dell’8 ottobre 1967 (lo stesso giorno della cattura del “Che”, poi assassinato) quando la Celere 2 di Padova caricò fin oltre lo stadio Menti. L’anno seguente, dicembre 1968, toccò al centro storico venir ricoperto da innumerevoli bandiere vietcong, mentre l’allora ministro Rumor (vicentino) veniva accolto da un nutrito lancio di uova. Si sarebbe vendicato degli ingrati concittadini nel maggio 1972 (ricordo che durante la manifestazione giunse la notizia della morte di Franco Segantini) ordinando una carica contro obiettori di coscienza, pacifisti e anarchici conclusasi con fermi e ricoveri ospedalieri per commozione cerebrale. Grandiose anche le manifestazioni dei primi anni Ottanta contro l’istallazione dei missili a Comiso con i cortei (ne ricordo uno dell’82 con figlia in spalla) che ora potevano compiere l’intero periplo della caserma Ederle grazie al nuovo stradone via Aldo Moro. Nel 1986 la protesta contro i bombardamenti in Libia e contro le interferenze nordamericane in Nicaragua e Salvador riunì in Viale della Pace autonomi, “Costruttori di Pace”, anarchici, Radio Gamma e una miriade di associazioni. Bilancio del corteo: una mezza dozzina di bandiere a stelle e strisce bruciate tra la Ederle e il centro. Da non dimenticare il presidio di cinque-sei disperati con maschera antigas (fornite da un operaio delle fonderie Valbruna) all’epoca del primo attacco all’Iraq di Bush-padre mentre la massa dei pacifisti protestava silenziosamente in Piazza dei Signori. A seguire le manifestazioni contro i bombardamenti NATO sulla Jugoslavia, quando si videro sfilare insieme le bandiere di Rifondazione con quelle della Lega Nord, migliaia di lavoratori serbi immigrati e qualche esponente dei Verdi con la bandiera listata a lutto. Poi l’Afghanistan, di nuovo l’Iraq. E avanti così fino alle fiaccolate contro la pena di morte e alle manifestazioni più recenti del “dopo-Genova” con i lanci di uova alla vernice dei Disobbedienti sui muri rinnovati e rialzati della solita caserma. Mi pare fosse il 2003…
    Altro che «pacifica convivenza con l’ospite statunitense».

    2 dicembre 2006. I primi manifestanti sono arrivati al Dal Molin poco dopo le 16, senza incidenti, nonostante i timori, amplificati a livello mediatico, della vigilia. Per la gente, molta più del previsto (da 20 a 30mila), non è bastato il campo “prenotato” e ne sono stati occupati altri. I pacifisti avevano cominciato a concentrarsi in Viale della Pace ancora alle tredici. Mentre sui manifesti era scritto “Villa Tacchi”, una parte del corteo è partita dalla Ederle, qualche centinaio di metri prima. Il testo dei manifesti «più rassicurante, probabilmente risentiva delle pressioni dei moderati», ci spiega Patrizia Cammarata (PC-ROL). E davanti alla Ederle staziona anche il Comitato VicenzaEst, preoccupato che alla fine la nuova base venga dirottata nell’area di San Pietro Intrigogna, il triangolo verde superstite tra il Tesina e il Bacchiglione, come vorrebbero la leghista Dal Lago e Fabris (e forse anche qualche “moderato”). Invece la manifestazione, prosegue Patrizia Cammarata, «non è solo contro il Dal Molin, ma contro ogni nuova base a Vicenza o altrove». E aggiunge: «la manifestazione è stata preventivamente criminalizzata dai DS e dalle burocrazie sindacali. Nonostante questo ha raccolto ampie adesioni di base nella stessa CGIL. La rete 28 aprile ha votato un ordine del giorno di appoggio alla manifestazione e di condanna alla posizione ufficiale del sindacato».

    Incontro proprio alcuni esponenti dissidenti della FIOMM. «La CGIL è stata tiepida, ha peccato per timidezza», sostiene Francesco Doro del direttivo regionale, «per poi accodarsi suo malgrado, ma puntando più sul referendum che sulla mobilitazione popolare. Per noi il problema è sostenere i comitati e indire lo sciopero generale per bloccare la costruzione della base. L’agitazione andrebbe portata anche tra i lavoratori, coerentemente con la storia pacifista del sindacato». Poco oltre intercettiamo Malabarba (area Sinistra Critica del PRC) che recentemente si è dimesso dal Senato, sostituito dalla madre di Carlo Giuliani: «A mio avviso per il nuovo governo dovrebbe essere inaccettabile che l’allargamento della base passi senza discussione. Sappiamo bene quale sarebbe il ruolo del Dal Molin nei confronti del Medio Oriente. È una cartina di tornasole, al di là delle mistificazioni sul “ruolo diverso” delle nostre missioni militari. Il punto cruciale è anche quello di saper coniugare un’opposizione di sinistra contro il neoliberismo e la guerra». Quindi «nessuna base a Vicenza, anzi chiudere ogni base USA sui nostri territori. Sappiamo bene come contengano anche armamenti nucleari. Un movimento contro la guerra non può opporsi soltanto alle missioni, ma è anche contro i punti di appoggio alla politica neocolonialista». Intravedo striscioni contro la guerra in Iraq, altri per Oaxaca e numerose bandiere palestinesi, alcune listate a lutto. Cartelli con la scritta Usurpano Suolo Altrui.
    Il gruppo anarchico Kronstadt di Volterra è «contro tutte le guerre e tutte le basi in quanto derivati delle logiche capitaliste e statali», perché è «contro ogni forma di oppressione per un federalismo orizzontale, per l’azione diretta senza deleghe». E quanto alla «cosiddetta sinistra di governo, in realtà è guerrafondaia, finanzia guerre e missioni militari».

    Fausto Schiavetto ci informa che anche a Padova «con il Comitato IRIS ci stiamo muovendo contro ogni speculazione sul territorio» e sostiene che «se oggi c’è questa marea di persone il merito è dei Comitati, ma qualcuno cerca di trasformarli nel parco-buoi dei partiti, gli stessi partiti che ora vorrebbero rientrare in gioco. Come Comitato IRIS proponiamo la convocazione di un’assemblea dei Comitati che poi decida sul da farsi, come in Val di Susa».
    «Bella manifestazione», è il commento di Gino Vallesella, CUB-Scuola, «sono favorevolmente impressionato dalla grande partecipazione. All’inizio di questa avventura, solo qualche mese fa, era ancora impensabile».
    Completamente d’accordo Paolo Consolaro, dell’Assemblea Permanente: «Questa manifestazione dimostra che se la causa è giusta la gente si mobilita, anche a Vicenza. L’Assemblea è riuscita a porre le condizioni per costruire una vasta area sia politica che sociale. La nostra forza è la diversità, estranea al desiderio di autorappresentazione di qualche piccolo gruppo. È una Resistenza popolare in sintonia con la nostra lotta di Liberazione e con tutte le lotte per la difesa del territorio, per la Pace, per la giustizia sociale».
    Francesco, militante storico dell’ormai più che ventennale “presidio di Longare”, dice di trovarsi qui, in Viale della Pace, per «esercitare un suo diritto costituzionale, quello dell’art.1, della sovranità che appartiene al popolo». E precisa indicando il corteo: «Questo è il popolo che lo esercita nei modi previsti dalla legge. Siamo qui per dire No alla nuova base americana e anche a quello che sta in periferia». Si riferisce ovviamente al sito di «Longare, ex deposito di armi nucleari e a quello del Tormento (La Fontega) tuttora deposito di esplosivi e forse anche di armi chimiche e batteriologiche». Per l’ecologista Ernesto Pettrachin bisogna essere «assolutamente contrari all’ampliamento e anche a ogni nuova base, anche se fosse italiana. Il valore della Pace deve rientrare nel dibattito politico. Oggi si parla tanto di pace ma si agisce concretamente per la guerra; costruire basi militari è, ovviamente, un vero atto di guerra».
    Anche se «minacciati di espulsione» alcuni esponenti della CISL-scuola hanno voluto «fare un passo in più», ci precisa Luisa Volpato (segretaria della CISL-scuola di Vicenza) «rispetto alla posizione di astensione» del loro sindacato. «Diciamo no alla militarizzazione perché nel mondo della scuola sono prioritari i temi della Pace. Come insegnanti siamo preoccupati per il futuro; non vogliamo condividere un sistema di risoluzione dei conflitti basato sugli interventi militari». Del resto «la CISL-scuola ha spesso preso posizione per la Pace, anche con i corsi di formazione per gli insegnanti e per coerenza oggi non potevamo non esserci».
    Dopo il cavalcavia che porta in Corso Padova, il corteo ha incontrato quello della CGIL (presente anche Cremaschi) proveniente dallo stadio Menti. Alcuni esponenti dei partiti di centrosinistra (Lalla Trupia, l’ex sindaco Achille Variati, Bonelli dei Verdi…) stavano invece in testa al corteo. In un primo momento la CGIL era sembrata intenzionata a non partecipare ma poi, vedendo forse la vera e propria “pioggia di adesioni”, ha cambiato idea. Tra le adesioni pervenute: Beati i Costruttori di Pace, Emergency, i Boy-scout vicentini, Green Peace, il “Gruppo statunitense per la Pace e la Giustizia”, il Comitato “Disarmiamoli”, la redazione di “Centopassi”, il coordinamento “Iskra”, Rifondazione, i Comunisti italiani, i Verdi, molti gruppi dell’Alto Vicentino (ex “Malga Zonta”). Tra le personalità, ai nomi di Dario Fo e Noam Chomski si sono aggiunti quelli di Margherita Hack e di Edoarda Masi. Un comunicato solidale dell’EZLN è arrivato dal Messico ed è intervenuto anche un esponente dei Mapuche.

    Con alcuni esponenti dell’Assemblea Permanente parliamo del recente incontro di Roma tra alcuni esponenti dei Comitati e il ministro Parisi. Sembra proprio che sia «servito più che altro a sospendere la minacciata manifestazione davanti al Ministero della Difesa, quando un centinaio di vicentini aveva già il biglietto del treno in tasca». È comunque in fase di organizzazione una nuova manifestazione nazionale, sempre a Roma.
    Per Olol Jackson dei Verdi che ha preso parte al colloquio sembra che «a titolo personale Parisi sia contrario, anche per una sua visione di Difesa a livello europeo, ma il problema resta». E a quanto pare si chiama D’Alema. Inoltre con la nuova finanziaria i beni demaniali militari dal Ministero della Difesa potrebbero venir trasferiti al Ministero del Tesoro, da Parisi a Padoa Schioppa. Le procedure verrebbero sveltite e diventerebbe molto più facile acquisire i terreni, anche nel caso del Dal Molin. Per quanto riguarda il referendum, ora ha un nuovo testo ufficiale. I gruppi contrari alla base USA al dal Molin lo hanno riscritto con la consulenza dell’avvocato Gianni Cristofari, consigliere comunale DS. Entro trenta giorni il Comitato degli esperti dovrà nuovamente dare il suo parere sull’ammissibilità del referendum.

    Intanto il corteo avanza verso il cuore della città. In Corso Padova, Enrico Zogli (Rete Lilliput), munito di megafono e fischietto, ci informa che «stiamo invitando i vicentini a uscire di casa, a scendere in strada. Tutti hanno compreso il vero scopo di questa manifestazione pacifica, colorata e Lilliput sta dando il suo contributo».
    Letizia di Emergency-Firenze dice di essere qui «perché siamo contro la guerra, per il rispetto dei Diritti Umani e della Costituzione. Il Dal Molin in mano statunitense porterebbe a far crescere ulteriormente quello che noi vogliamo far cessare. Siamo contrari a una base che porterebbe ancora morte in altre parti del mondo».
    Per Francesca (Alto Vicentino), «anche se una parte dei Comitati sembra ancora preoccuparsi maggiormente delle villette svalutate del 40%, al di là dei problemi urbanistici e ambientali, il vero problema è che questa è una base di guerra, la più importante installazione offensiva verso il Medio Oriente, l’Africa, il Caucaso, l’Asia centrale…».
    Fabiola («sono qui in quanto cittadina») sottolinea che basterebbe «pensare alla quantità di acqua che i nuovi insediamenti americani intendono utilizzare per ribellarsi». Bortolotto Francesco, già senatore vicentino per i Verdi, osserva compiaciuto la marea di gente all’inizio di Ponte degli Angeli, a due passi dal centro storico, “difeso” da un cordone di carabinieri. «Anche se Berlusconi ha cercato di oscurarci con la sua manifestazione romana», ironizza, «Questa città ha dimostrato di non volere la base. Ora speriamo che Parisi dica qualcosa di concreto, non lasci soltanto intendere. E che anche Prodi, magari, dica qualcosa…».
    Luciano Parolin, di Legambiente, si dice «soddisfattissimo per questa città che sembrava addormentata e che invece sta dando una vera lezione di democrazia, di civiltà. Per noi quello della base è soprattutto un problema ambientale, con gravi conseguenze per il traffico, i consumi idrici…». Ricorda che «già nel 2004, quando la popolazione era completamente all’oscuro, alcuni consiglieri comunali sapevano dell’arrivo di altri 4000 americani e di un nuovo insediamento».
    Ormai all’altezza del “Patronato” (a un centinaio di metri dal centro storico) altri cordoni di carabinieri chiudono ogni accesso al Corso Palladio. Mentre Nando distribuisce l’ultimo numero di “Germinal” a studenti e boy-scout, un manifestante (che si definisce «corrispondente dell’Unità») si avvicina al comandante per salutarlo. Contraddizioni “in seno al popolo”?
    C’è anche un ex prigioniero politico, il veneziano Paolo Dorigo, propone il libro “La tortura nel Bel Paese” e distribuisce l’Appello del 1-11-2006, primo firmatario Russo Spena, contro la tortura elettronica.
    Di questa manifestazione ha colto soprattutto «la sostanziale simpatia dimostrata dai vicentini, in contrasto con la divisione mediatica tra buoni e cattivi». Quelli della Costituzione «sono valori ormai condivisi, generali… anche se talvolta traditi dalla politica borghese».

    Dopo tanti Leoni di San Marco mischiati ai labari con il fascio littorio (vedi le recenti manifestazione della destra a Verona e anche a Vicenza, con Fini, Berlusconi, Bossi e la Mussolini) stavolta vediamo anche qualche drappo della Serenissima in mezzo alle bandiere pacifiste e antimperialiste. Fabrizio Comencini, segretario della “Liga Veneta – Veneti d’Europa”, ritiene che «per gli autonomisti sia un atto di coerenza essere contro chi vende la propria sovranità e a favore della pace tra i popoli. Non capisco come si possa nel 2006 imporre al territorio una base destinata all’attacco contro altri popoli, contro la stessa Costituzione. Ora non c’è nemmeno la giustificazione della Cortina di ferro e avrebbe solo lo scopo di provocare altri disastri, come si è ben visto in Iraq».

    Gianni Sartori
    dicembre 2006

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