Abolizione del numero chiuso a medicina : un primo passo che non basta

Uno dei problemi più importanti causati dalle politiche di austerity nel campo dell’università è sicuramente quello riguardante la formazione medica.
In questi giorni ha fatto scalpore la decisione del governo di abolire il numero chiuso alla facoltà di Medicina.
Questa manovra, concettualmente giusta, si va però a scontrare con la situazione in cui versa l’organizzazione dei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia in Italia. Quello che manca ormai da troppo tempo è l’analisi d’insieme di un sistema di formazione complesso e profondamente squilibrato.
Facciamo ordine: gli studenti di medicina dopo la laurea e il test di abilitazione all’esercizio devono passare necessariamente da un percorso chiamato “specializzazione” ,necessario alla loro formazione. Purtroppo,in Italia, il numero dei posti nelle scuole di specializzazione è nettamente inferiore al numero dei neo laureati  ai quali vanno aggiunti ovviamente coloro che sono rimasti fuori negli anni precedenti portando il numero di posti disponibili in specializzazione a circa 1/3 dei candidati.
Ciò nonostante nessun governo è riuscito ad attuare delle riforme che permettessero di aumentare i numeri delle scuole di specializzazione, così da dare possibilità ai nuovi medici di formarsi e permettere un adeguato ricambio generazionale.
Siamo da sempre favorevoli ad una abolizione del numero chiuso, a Medicina come in altre facoltà, che rappresenta una inaccettabile limitazione del diritto all’istruzione.
Non di meno, rileviamo che sarebbero necessari seri investimenti pubblici nella sanità e nell’area medica, per evitare che si allarghi ulteriormente questo sistema ad imbuto, ed evitare di avere migliaia di studenti in formazione universitaria al fronte di pochissimi posti in specializzazione.
A questo si aggiunge un’inadeguata organizzazione all’interno dei corsi di laurea per accogliere un considerevole aumento del numero di studenti a causa dell’inadeguatezza degli spazi accademici e dell’organizzazione didattica, già difficoltosa alle attuali condizioni.
Come sempre, la via che indichiamo non sta nella limitazione dei diritti per pochi, ma nell’aumento di strutture e personale destinati alla didattica, per rendere davvero universale il diritto allo studio previsto dalla costituzione.
Ecco perché questa manovra del governo, senza avere dietro un adeguata analisi del problema e soprattutto senza che sia affiancata da una riforma delle scuole di specializzazione, rischia di abolire il numero chiuso soltanto sulla carta, configurandosi solamente come l’ennesimo annuncio di un governo che promette il cambiamento ma che nei fatti non cambia niente.
Noi ,da sempre favorevoli all’abolizione dei numeri chiusi nelle facoltà , rimaniamo perplessi dalla carenza di un’analisi adeguata delle situazioni concrete, delle condizioni materiali che ha caratterizzato tutti i provvedimenti in materia di istruzione scolastica e universitaria degli ultimi decenni.
Abbiamo bisogno di un cambio di marcia, non di propaganda sugli studenti.

Giovani Comunisti/e Pisa

Filippo Vergassola – Responsabile nazionale Scuola e Università Giovani Comunisti/e

Protesta degli studenti davanti all’università di Roma La Sapienza contro il numero chiuso alle iscrizioni di medicina il 4 settembre 2012 a Roma
ANSA/MASSIMO PERCOSSI