CORAGGIO! A proposito di Italia, elezioni, sinistra, corsi e ricorsi storici

Dopo la lettera di Andrea Ferroni (http://www.giovanicomunisti.it/2017/10/18/lettera-aperta-per-una-sinistra-antiliberista-popolare-e-radicale-con-laiuto-di-tutte-e-tutti-ce-la-possiamo-fare/) pubblichiamo la riflessione dell’altra nostra portavoce, Claudia Candeloro

Mi ha sempre stupito il fatto che la più grande forma di intelligenza sia l’apprendimento:
studiato, indagato, mai completamente afferrato, fondamentale per lo sviluppo
dell’intelligenza artificiale, l’apprendimento, la capacità di imparare dagli errori e dalle
esperienze è quanto di più caratteristico della mente umana, ciò che in definitiva ci
distingue dalle macchine.
Mi stupisce quindi ancora di più come la sinistra italiana, pure composta da alcuni tra
gli individui, lo dico senza retorica, più brillanti del nostro paese, abbia collettivamente
perso del tutto la capacità di apprendere dai propri errori, ripetendo da dieci anni, in un
loop infinito, senza dubbi e senza remore, gli stessi slogan e gli stessi processi che ogni
volta, puntualmente, si rivelano fallimentari. Invischiandoci nel solito pantano.
E’ dal 2008 -praticamente dieci anni fa! – che (al netto degli arrivismi e opportunismi
vari, che pure ci sono stati) sul tema elettorale siamo schiavi di numerosi pregiudizi, che
non prescindevano dalla realtà politica di allora, e tanto più da quella di oggi, e che,
nonostante questo, non riusciamo ancora a superare. Provo ad elencarli:
1. All’abbandono dell’aspirazione a rappresentare ed organizzare i ceti popolari
(certo, questo ben prima del 2008) si è affiancata la convinzione che esista di per sé,
quasi antropologicamente, nel paese un popolo di sinistra da rappresentare in quanto
tale.
2. Alla prima certezza, segue la convinzione per cui la priorità – assoluta ed
imprescindibile – di tale popolo sia la questione dell’unità. Il popolo della sinistra
capisce, comprende, persino giustifica le riforme peggiorative del lavoro, delle pensioni,
della scuola, guarda al futuro e non agli errori passati, ma quello che proprio non
capirebbe mai – mai e poi mai! – è la presenza di più liste di sinistra alle elezioni.
3. Di conseguenza, per accontentare il popolo della sinistra, la sinistra deve mettere
da parte le differenza che pure la caratterizzano (anche su argomenti non proprio
secondari, come il giudizio sul governo, sulle privatizzazione, sui rapporti capitale-
lavoro e via dicendo) per raggiungere il Sacro Graal dell’unità della sinistra.
4. Niente paura, però: ogni forza politica della sinistra potrà sperare di poter fare
“egemonia” (mai parola fu peggio usata) all’interno dell’assemblea – partecipata, dal
basso, una testa un voto – che sarà appositamente lanciata perchè il popolo della sinistra
possa partecipare a veder realizzato il proprio sogno dell’unità della sinistra [traduzione:
ogni partito, associazione, movimento tenterà di portare più persone possibili all’interno
dell’assemblea perchè l’assemblea possa ratificare la posizione assunta dal proprio
rappresentante nell’incontro a latere]
5. Questo percorso dovrà necessariamente portare alla lista delle elezioni perchè,
dopo l’unità-della-sinistra, un altro grande feticcio è imprescindibile per la sinistra
italiana: non è possibile visibilità, incisività, efficacia (al massimo, mera resistenza) al di
fuori della rappresentanza parlamentare. Che essa sia ottenuta in accordo con il Partito
Democratico o meno è, in definitiva, per i più aspetto secondario.
Probabilmente scapperà una risata a chi, come me, a questi giochi ha partecipato perchè,
nonostante le dichiarazioni di intenti e le parole roboanti dei documenti, tutte e tutti noi
sappiamo che, ogni volta, va esattamente così, occasioni e mesi persi per parlare di
qualcosa che non porterà mai (lo sappiamo benissimo tutti) ad un risultato politico reale
per un avanzamento in senso progressista del quadro politico italiano.
Tuttavia questo giro, tra Brancacci, Mdp e chi più ne ha più ne metta, ci ha portato ad
un “salto di qualità” che, mi si permetta, fa apparire la Rivoluzione civile di Ingroia
come un progetto dotato di grande lungimiranza. Non solo assistiamo ancora una volta
allo stesso “teatro” (mai come ora tale metafora è più opportuna), ma questa volta lo
portiamo avanti con coloro le cui politiche negli ultimi 8 anni abbiamo contestato (probabilmente, il motivo stesso che giustificava l’unità-della-sinistra negli anni passati).
E ciò è grave non tanto e non solo perchè è grazie ai rappresentanti di MDP, allora PD,
che abbiamo tra le leggi più violentemente antipopolare che si ricordino in Italia dal
dopoguerra (leggasi JobsAct, Buona Scuola, Fornero, Pareggio di bilancio…) ma,
soprattutto, perchè, ancora una volta denota la nostra incapacità di individuare quelli che
sono stati gli sviluppi politici del nostro paese negli ultimi 10 anni: se il fenomeno
Renzi è emerso, se ha potuto fare quello che ha fatto, se è riuscito (sembra un’era
geologica fa, ma è successo) a raggiungere il 40% dei consensi nel 2014, è perché è
riuscito a porsi in contrapposizione a quella sinistra – di D’Alema, di Bersani…- che
nell’immaginario collettivo appariva come vecchio ceto politico interessato più alla
propria sopravvivenza che alle sorti del Paese (giusto o sbagliato che sia, un concetto se
creduto assume comunque una sua realtà).
Sarebbe parso scontato invitare – anche velocemente – questi personaggi, l’immaginario
che si portano dietro, velocemente alla porta.
E invece, oltre al fatto che al Brancaccio a giugno fuori dalla porta è stato
accompagnato qualcun’altro, siamo arrivati all’autunno e ancora temporeggiamo, non ci
esprimiamo, lasciamo che a decidere siano gli stessi che negli ultimi 10 anni hanno
distrutto persino l’idea di sinistra in Italia.
E’ arrivato il momento di invertire la rotta, di dire la cosa giusta, senza tentennamenti e
senza giri di parole.
Iniziare a tenere aperta una possibilità di cambiamento che possa, per una volta, avere
una prospettiva, un obiettivo che vada oltre l’elezione di parlamentari ma che si ponga
l’ambizione di avere una progettualità complessiva, di elaborare un discorso politico,
un’interpretazione del mondo che sappia tradurre e tenere insieme le mobilitazioni e le
preoccupazioni, le aspirazioni delle persone, dare loro un nome e costruire nessi tra
rivendicazioni e consenso.
Avere il coraggio di capire come dire la “cosa giusta” nelle parole e nelle pratiche che
sono del popolo che lavora. Non usare più quel linguaggio politicista e stucchevole che
esiste solo negli appelli all’unità della sinistra e che si rivolge ad un popolo della sinistra
che – brutto dirlo – esiste solo nella nostra testa.
Mi rivolgo a Rifondazione Comunista che può ancora essere in grado di costruire un
progetto coraggioso e libero. Ma mi rivolgo anche alle tante e ai tanti attivisti,
organizzati e non organizzati, che in un progetto che non aspiri ad eleggere purchè sia,
ma che si proponga di tenere aperta un’opzione di cambiamento radicale anche in Italia,
ci starebbero. Ritroverebbero entusiasmo e voglia di partecipare.
Proviamo a riconnetterci, proviamo a costruire un’opzione politica radicalmente
alternativa, sono convinta che siamo di più di quelli che ci hanno ridotto in questo stato.
Proviamo a ritrovare il coraggio.

Claudia Candeloro – Portavoce Nazionale Giovani Comunisti/e

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