Il nostro NO alla Riforma Costituzionale

A parte le velleità di nuovismo espresse dal premier Renzi, in realtà questa riforma esprime le più retrive posizioni conservatrici. Provocando, ma non andando troppo lontani dal segno, potremmo dire che i principi fondativi la avvicinano molto di più allo Statuto Albertino che alla Costituzione del 48. Altro che novità! La Renzi-Boschi è l’ultimo di un’ infinita serie di attacchi sferrati dalle elites neoliberiste internazionali contro la libertà politica del nostro paese. Le radici di questo attacco vengono da molto lontano, precisamente dal 1975, anno del rapporto della Trilateral, una commissione fondata niente poco di meno che da David Rockfeller e Henry Kissinger e che annovera tra i presidenti del gruppo europeo il ben noto Mario Monti. In questo rapporto si denuncia testualmente un “eccesso di democrazia” e un “sovraccarico di partecipazione” che avrebbe potuto mettere in forse il potere dei potentati finanziari. La soluzione individuata per porre freno alla democrazia dilagante fu conseguente iniettare nel sistema “una certa dose di apatia e di disimpegno” permettendo l’egemonia delle elites e quindi al sistema di “funzionare efficacemente”. L’accorato appello viene subito accolto a livello internazionale con l’elezione di Margareth Tatcher alla presidenza del regno unito e quella di Ronald Reagan a quella degli USA. In questo panorama si inserisce l’opera “Una repubblica da riformare” di Giuliano Amato che fa sua la parola d’ordine “democrazia governante”, in altri termini riformare la costituzione per giungere ad un presidenzialismo ritenuto il farmaco capace di curare una malattia chiamata democrazia nel paese da lui definito “il più malato d’Europa”. Questa pubblicazione fornisce subito l’assist ad un altro paladino della velocità decisionale, Bettino Craxi, che propone una grande riforma costituzionale contro “il dominio della lentocrazia”, probabilmente causata più dai suoi governi corrotti, piuttosto che dalla carta costituzionale. Tralascio i tentativi di riforma costituzionale degli anni 90 (uno su tutti la bicamerale di dalemiana memoria) per arrivare al 2006 anno del tentativo di riforma costituzionale di Silvio Berlusconi che, da grande precursore, al grido di ce lo chiede l’Europa, propose l’accentramento del potere nelle mani del presidente del consiglio, il cosiddetto “premierato assoluto” e la rottura dei vincoli di solidarietà sociale nel paese, la cosiddetta “devolution”. Il referendum dello stesso anno lo vede sconfitto con il 61 % dei voti contrari. Adesso torniamo ai nostri giorni per capire a chi fa comodo questa riforma. Non facciamo molta fatica, bastano le continue esternazioni di Confindustria, le dichiarazioni dell’ambasciatore USA, le affermazioni della banca d’affari Jp Morgan che considera le costituzioni antifasciste del sud Europa come un ostacolo per la libera circolazione dei capitali, dunque una barriera al libero sfruttamento da spianare immediatamente. Perché ora gruppi di affaristi e stati imperialisti dovrebbero interessarsi dell’assetto costituzionale del nostro paese? Perché in questo momento il capitale è debole e ha bisogno di governi forti con un vincolo di mandato assente o debole per sferrare un attacco ai diritti sociali e civili conquistati in un secolo di lotte, per riportare le condizioni del lavoro e della libertà politica all’Ottocento. Questo processo è già in atto da vent’anni e ne viviamo le conseguenze ogni giorno, in ogni posto di lavoro, in ogni scuola, in ogni università, in ogni ospedale. E’ un processo che ha portato alla peggiore violenza mai subita dalla nostra costituzione, il pareggio di bilancio. Questo articolo imposto da una lettera indirizzata al parlamento, firmata Jean Claude Trichet e Mario Draghi, è stato propinato come necessario per la salvezza della patria e impedisce, in soldoni, l’intervento pubblico nell’economia, impedendo a questo paese di creare un piano per il lavoro, per la salute, per la questione abitativa, per l’istruzione. Ora essendo previsto dall’Italicum un premio di maggioranza del 54% a poco più di un 9% dalla soglia di due terzi necessaria per modificare la costituzione, quanti articoli del genere vedremo aggiunti? Questo referendum, concludendo non deve essere solo la statica difesa della costituzione(così si fa il gioco di Renzi), ma la lotta per l’applicazione dei suoi valori e ideali fondativi nella maniera più progressista possibile per unire le forze sociali e abbattere il sistema antisociale e antiumano che sta uccidendo il nostro paese e il nostro pianeta. Per questo per vincere c’è bisogno di un no che sia sociale e inclusivo, che racchiuda tutte le lotte, che sappia proporsi come alternativa reale e non solo un comitato che ragiona da un punto di vista prettamente giuridico. Solo così può estirpare alla radice l’annoso problema delle deforme costituzionali.

 

Simone Romeo- Giovani Comunisti/e Cosenza

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