Costruire le basi per la “rifondazione” dei Giovani Comunisti/e

slide_454938_6107366_compressedLa conferenza nazionale che ci apprestiamo a svolgere racchiude in sé due elementi, che ne costituiscono i tratti più importanti, ed a mio avviso più evidenti. Il primo è la necessità che abbiamo di svolgerla, il secondo è la svolta, il cambio di passo che essa deve rappresentare.

La necessità di svolgere la conferenza è un concetto così banale da risultare ovvio, i motivi che rendono fondamentale questo appuntamento affondano le loro radici in storia recente, che tutti conosciamo e che non sono oggetto di questa riflessione.

Ciò che invece mi preme molto è il secondo aspetto: ovvero che cosa deve rappresentare per noi la conferenza nazionale, da che cosa dobbiamo ripartire, su quali basi dobbiamo “rifondare” il nostro essere giovani comunisti, il senso di noi stessi e di ciò che ci circonda, il significato che vogliamo dare ai concetti di agire politico, di rappresentanza, di alternativa a quel sistema dominante che è il capitalismo che è in crisi forse proprio perché ha vinto, o meglio sta vincendo.

Ma non è certamente nel merito di questo che qui è opportuno entrare.

Anche perché credo che questi e i moltissimi altri interrogativi che abbiamo di fronte troveranno una risposta, e la mia è una speranza ma anche una convinzione , una convinzione che deriva dalla profonda stima e fiducia verso quell’ intellettuale collettivo, quel patrimonio politico e umano che questa comunità vanta.

Ma credo vi sia un qualcosa di pregiudiziale a tutto ciò, un punto che esige di essere chiarito forse prima della conferenza, e che anche se dovrebbe darsi per assunto e pacifico, talvolta potrebbe correre il serio rischio di smarrirsi, e sto parlando della precisa volontà politica dell’unità di intenti , dell’essere coesi e consapevoli che dietro ogni differenza di opinione, su qualsiasi aspetto, oltre la dialettica anche accesa ci debba essere la certezza e (almeno per quanto mi riguarda) l’orgoglio di appartenere a questa comunità.

Questo concetto io credo abbia trovato un rilievo pratico , un’applicazione tangibile , nella stesura del documento della conferenza, il qaule risponde al mandato unitario emerso dall’attio nazionale dello scorso dicembre con cui è iniziato il nostro percorso congressuale.

Io ritengo che un documento politico non possa essere per antonomasia sintesi perfetta dell’ eterogeneità delle posizioni politiche di ognuno di noi , non possa contenere ogni sfumatura di pensiero di ogni compagna e compagno.

Ma credo altresì che possa fotografare il presente e il futuro, le linee guida e i connotati di un’azione politica in maniera piuttosto chiara e precisa, questa è la sua funzione e a me pare che questo documento rispecchi queste caratteristiche.

Ma vi è di più: il documento politico, proprio perché “piattaforma”, “base di partenza” della discussione congressuale, avrebbe potuto essere il segnale di una condivisione forte e radicata sul punto di partenza da cui (ri)partire.

Ritengo quindi sbagliata anzitutto nel metodo e nelle motivazione la scelta degli emendamenti, in quanto non ho trovato nel documento alcuna volontà di soffocare la soggettività, il punto di vista, la libera espressione di alcuno.

Dunque la questione che sollevo non è prioritariamente sul contenuto degli emendamenti, ma sulla loro presentazione in questa fase che non richiede a mio avviso qualcosa che può essere interpretato come una volontà quasi deliberatamente conflittuale. A mio avviso, essi rallentano un processo di riaggregazione che stiamo alimentando, riaggregazione di noi stessi e di noi verso il mondo che vogliamo rappresentare, riportandoci indietro a vecchie logiche di contrapposizione basate su giudizi e preconcetti che speravo superati.

Dunque nel massimo e più profondo rispetto delle compagne e dei compagni che li hanno scritti e sottoscritti, ritengo quella scelta inopportuna.

Per quanto riguarda il contenuto, vorrei menzionare solo l’ emendamento Saperi 1, che propone un’associazione nazionale studentesca, sul quale esprimo la massima contrarietà.

La costituzione di Studenti Comunisti implicherebbe due fattori estremamente negativi: una “nostra” associazione quasi assimilabile ad un’organizzazione di “fronte” (termine che evoca qualcosa di già presente nel nostro Paese e –almeno a mio avviso – di lontanissimo, fortunatamente, da noi) molto probabilmente assai ininfluente nelle università , laddove operano con ottimi risultati realtà territoriali o sindacati nazionali , per giunta a noi molto vicini (Link), ma soprattutto comporterebbe il naturale epilogo di quella nostra contaminazione nei movimenti universitari di lotta, quella nostra capacità di vivere nel conflitto sociale e di connettere i terreni di battaglia politica per quanto riguarda tutte le problematiche riferite al mondo dell’istruzione e della conoscenza (e non solo): una capacità che, anzi, dovremmo ulteriormente sviluppare ed accrescere, proprio a partire dalla conferenza.

FILIPPO VERGASSOLA
Coordinatore uscente Giovani Comunisti La Spezia

15 ottobre 2015

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