La retorica della guerra tra poveri

Razzismo e periferie. Dilaga la caccia, simbolica o reale, ai capri espiatori di sempre: rom e sinti, migranti e rifugiati. Il paradigma Roma

tor-sapienza-2-770x513Dilaga ormai in Ita­lia la cac­cia, sim­bo­lica o reale, ai capri espia­tori di sem­pre: rom e sinti, migranti e rifu­giati. Pur variando luo­ghi e per­so­naggi, comune è lo schema nar­ra­tivo, aval­lato anche da quo­ti­diani main­stream. A giu­sti­fi­care o smi­nuire la vio­lenza dei «resi­denti» e dei «cit­ta­dini comuni» si pro­pa­lano spesso leg­gende e false noti­zie, spac­ciate come vere anche da organi di stampa prestigiosi.

Ciò che è acca­duto nella bor­gata romana di Tor Sapienza costi­tui­sce un pre­ce­dente assai grave. Mi rife­ri­sco allo svuo­ta­mento for­zoso, a furor di assalti raz­zi­sti, del Cen­tro di acco­glienza che ospi­tava abi­tual­mente i più vul­ne­ra­bili tra i rifu­giati, soprat­tutto minori. I faci­no­rosi che, incap­puc­ciati e al grido di «bru­cia­moli tutti!», a più riprese hanno attac­cato il Cen­tro, con lanci di pie­tre e petardi, per alcuni giorni sono stati rap­pre­sen­tati, anche dalla grande stampa, come poveri «cit­ta­dini esasperati».

E le dice­rie a pro­po­sito di scippi e aggres­sioni subite, ten­tati stu­pri — dei quali non v’è trac­cia di prova né denunce for­malisono state pun­tual­mente riprese senza alcuna verifica.

Tra i pochi che hanno osato vio­lare da subito que­sto schema nar­ra­tivo vi sono la Comu­nità di Sant’Egidio e l’Arci, e tra gli organi di stampa Il Redat­tore Sociale che già l’11 novem­bre sve­lava il segreto di Pul­ci­nella: cioè l’istigazione di estrema destra delle spe­di­zioni punitive.

A stru­men­ta­liz­zare il disa­gio eco­no­mico e sociale, dirot­tan­dolo verso gli alieni, v’è la pre­senza di «gruppi neo­fa­sci­sti e figure, vec­chie e nuove, dell’estrema destra», dichia­rava al Redat­tore Gian­luca Peciola, capo­gruppo di Sel in Campidoglio.

Pochi, fra i com­men­ta­tori che hanno insi­stito – con qual­che ragione, certo sul sen­ti­mento col­let­tivo di abban­dono e insi­cu­rezza che vivono i resi­denti, si sono sof­fer­mati a con­si­de­rare le bio­gra­fie, la con­di­zione, i sen­ti­menti dei capri espia­tori: in gran parte gio­vani, fug­giti da povertà, per­se­cu­zioni e vio­lenze, appro­dati rischio­sa­mente in Europa dopo viaggi da incubo, costretti a una vita alie­nante e oggi, di nuovo, rifiu­tati, minac­ciati, terrorizzati.

Lo schema di cui ho detto s’intreccia con un’altra reto­rica abu­sata: quella, in appa­renza non-razzista, della «guerra tra poveri», secondo la quale aggres­sori e aggre­diti sareb­bero vit­time simmetriche.

Esem­plare in tal senso è ciò che è acca­duto alla Mar­ra­nella, quar­tiere romano del PignetoTor Pignat­tara, dopo l’assassinio di Muham­mad Sha­h­zad Khan, il paki­stano di ven­totto anni mas­sa­crato a calci e pugni da un dicias­set­tenne romano, la notte del 18 set­tem­bre scorso. Subito dopo, un cen­ti­naio di per­sone improv­vi­sa­rono un cor­teo di soli­da­rietà verso il gio­vane arre­stato, non senza qual­che accento di ram­ma­rico per «que­sta guerra tra poveri», insieme con car­telli e slo­gan quali «Viva il duce» e «I negri se ne devono andare». Più tardi, per­fino qual­che sog­getto poli­tico deci­sa­mente di sini­stra si è spinto ad affer­mare che i due sareb­bero vit­time dello stesso dramma della povertà e del degrado. Come se il livello di potere, la posi­zione sociale, la respon­sa­bi­lità morale fos­sero i mede­simi, tra il bullo di quar­tiere che uccide, isti­gato e spal­leg­giato dal geni­tore fasci­sta (poi arre­stato anch’egli), e la sua vit­tima inerme: già annien­tata dalla soli­tu­dine, dalla per­dita del lavoro e dell’alloggio, dal ter­rore di per­dere pure il per­messo di sog­giorno, dalla lon­ta­nanza dalla moglie e da un figlio di tre mesi che mai aveva potuto vedere. Una per­fetta illu­stra­zione, quel delitto, di guerra con­tro i più inermi tra i poveri.

Certo, Roma è para­dig­ma­tica per le cat­tive poli­ti­che che nel corso degli anni hanno pro­dotto ghet­tiz­za­zione e degrado urbano di tanta parte dell’hinterland. E, si sa, più che mai in tempi di crisi, il disa­gio eco­no­mico e sociale e il senso di abban­dono ali­men­tano risen­ti­mento e ricerca del capro espiatorio.

Ma a socia­liz­zare, mani­po­lare, deviare il ran­core col­let­tivo c’è sem­pre qual­che attore poli­tico: di destra e di estrema destra, soli­ta­mente e in par­ti­co­lare Casa Pound e la Lega di Sal­vini e Bor­ghe­zio. Che la giunta Marino, come altre giunte «demo­cra­ti­che», ne prenda atto e prov­veda, prima che sia troppo tardi. Che la sini­stra poli­tica e sociale nelle peri­fe­rie ritorni, come un tempo, a fare lavoro politico.

ANNA MARIA RIVERA

da il manifesto

1 commento su “La retorica della guerra tra poveri”

  1. Vedo che al prossimo convegno sulla strage di Piazza della Loggia (Brescia, novembre 2014) interverranno Giulio Giorello (noto come estimatore di Ezra Pound e partecipante a recenti convegni organizzati da Casapound) e Silvia Calamati…
    Perché a questo punto non invitare anche Gianfranco de Turris (noto per le sue prefazioni e presidente della Fondazione Julius Evola), Roberta Angelilli (parlamentare europea proveniente da terza posizione, amica di Insabato) e Tommaso La Longa (giornalista di Rinascita -quella della soidisant “sinistra”nazionale, in realtà neofascista- e altre testate di destra) con cui hanno già condiviso altre conferenze? In particolare sulla questione irlandese legittimando con la loro presenza la strumentalizzazione da parte dei fascisti di Bobby Sands e degli altri compagni morti nel 1981 in sciopero della fame.
    Ma non si poteva (per rispetto alle vittime delle stragi di stato con manovalanza fascista) invitare qualcuno meno “disinvolto” nei confronti della (Nuova?) Destra?
    ciao
    GS
    segnalo in rete: “Fascisti giù le mani dall’irlanda”

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