Le ‘ndrine puntavano alla Tav

Piemonte. Nell’inchiesta una cava di rifiuti speciali in Val di Susa. «Operazione San Michele» contro l’articolazione torinese di una cosca di Crotone

NO-TAV_NO-MAFIA-680x365«Ce la man­giamo io e te la torta dell’alta velo­cità». È il 6 mag­gio del 2011 e a par­lare al tele­fono sono Gio­vanni Toro, impren­di­tore edile tori­nese con­si­de­rato il tra­mite della ‘ndrina dei Greco per infil­trarsi negli appalti pub­blici, e Gre­go­rio Sisca, uno degli espo­nenti della cosca sul ter­ri­to­rio. Vogliono entrare nell’affare Tav in Val di Susa «per­ché si tratta di lavori per 200 milioni di euro».

I due sono stati arre­stati ieri mat­tina, rispet­ti­va­mente per con­corso esterno e per asso­cia­zione mafiosa, dai cara­bi­nieri del Ros nell’operazione «San Michele» con­tro l’articolazione tori­nese della cosca dei Greco di San Mauro Mar­che­sato (Cro­tone), gui­data da Mario Audia e Dome­nico Greco, in grado di acca­par­rarsi in Pie­monte lavori per cen­ti­naia di migliaia di euro. Nell’ordinanza che ha por­tato in car­cere venti per­sone per vari reati, il gip di Torino parla di «for­tis­simo inte­resse da parte della ’ndran­gheta all’acquisizione dei lavori per la rea­liz­za­zione della Tav».

Cosa voleva fare la ’ndran­gheta in Val di Susa? L’idea era quella di uti­liz­zare una cava di pro­prietà di Toro, tra i comuni di Chiusa di San Michele e Sant’Ambrogio (in Bassa Valle), come depo­sito di rifiuti spe­ciali per le ditte «ami­che» che avreb­bero lavo­rato alla Torino-Lione. «A giu­gno parte la prima tri­vella — si dicono Toro e Sisca — dob­biamo pulire la Valle dello sma­rino». Lavoro deli­cato, visto che, è bene ricor­dare, in quelle rocce c’è la pre­senza di mine­rali ura­ni­feri e amian­ti­feri. E ancora sulla fran­tu­ma­zione di rifiuti da reim­pie­gare nei lavori del Tav: «Lì è un busi­ness che non fini­sce più».

Che i legami con la Valle fos­sero stretti lo dimo­stra anche il con­tatto tra Gio­vanni Toro e Fer­di­nando Laz­zaro, tito­lare dell’Italcoge, impresa fal­lita che si è occu­pata della recin­zione del can­tiere di Chio­monte, dove si scava il cuni­colo esplo­ra­tivo. In una con­ver­sa­zione tra i due, Laz­zaro avrebbe chie­sto di poter usare la cava di Toro per nascon­dere ton­nel­late di rifiuti. Nelle carte Laz­zaro è inda­gato a piede libero per smal­ti­mento ille­cito di rifiuti all’interno della cava di Toro, «ma — ha pre­ci­sato il pro­cu­ra­tore di Torino San­dro Ausiello, capo della Dire­zione distret­tuale anti­ma­fia — non c’entra nulla con l’organizzazione mafiosa sman­tel­lata». Restano, però, da appro­fon­dire le rela­zioni tra lui e Toro. L’azienda di fami­glia dei Laz­zaro, l’Italcoge (col­pita, tra l’altro, dai raid not­turni di un anno fa) era già com­parsa nei dos­sier dell’operazione con­tro la ’ndran­gheta «Mino­tauro», che nel 2012 portò in car­cere 150 persone.

La Torino-Lione non sarebbe stata solo un obiet­tivo futuro per la Toro srl. I No Tav sosten­gono che «avesse già ese­guito impor­tanti lavori pro­prio presso il can­tiere di Chio­monte prov­ve­dendo alla bitu­ma­tura della via­bi­lità interna». Dalle ultime inda­gini risulta, inol­tre, che Gio­vanni Toro (già arre­stato dai Ros nel marzo del 2013), attra­verso le sue società e avva­len­dosi della com­pli­cità di altri impren­di­tori del set­tore, fosse già riu­scito a otte­nere ingenti com­messe lavo­ra­tive, tra cui i lavori in subap­palto per la ristrut­tu­ra­zione della gal­le­ria A32 Pra­pon­tin (Torino-Bardonecchia) e le opere di puli­zia e sgom­bero neve della stessa arte­ria auto­stra­dale e dell’aeroporto di Caselle. Nel 2011 la Toro Srl si aggiu­dicò anche un appalto da 288.960 euro dal Comune di Torino per «inter­venti straor­di­nari sulle pavi­men­ta­zioni delle vie, strade e piazze della città».
Legam­biente sot­to­li­nea come l’attuale inchie­sta sia «l’ennesima con­ferma che i can­tieri, in par­ti­co­lare quelli delle grandi opere, sono a forte rischio di infil­tra­zione delle mafie». Recen­te­mente, a Vol­tag­gio (Ales­san­dria) è stato bloc­cato il can­tiere del Terzo Valico: la ditta Lauro è stata estro­messa dai lavori per il «man­cato rispetto del pro­to­collo legalità».

MAURO RAVARINO

da il manifesto

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