C’era una volta la polizia all’università

14255702238_9663617ba3_cSiamo l’ALTRA UNISA (LINK, Giovani Comunisti, studenti), e ci siamo riuniti al rettorato perché alle ore 11.00 Bonanni riceverà la laurea honoris causa a cui presiederà il Ministro dell’Istruzione Giannini.

Striscioni, volantini, documenti, slogan qui e slogan lì.

Arrivano le prime avvisaglie di componenti della platea  che scorrono veloci come formiche verso l’aula magna, degnandoci dello sguardo più sdegnoso possibile alle volte, o indifferente, altre, come se fossimo semplici studenti che quotidianamente attraversano quel luogo, solo un po’ più colorati.

Striscioni, bandiere, volantini, megafono.

Due alternative di pensiero:

  •  i soliti deficienti che devono protestare invece di studiare o lavorare… lavativi e politicizzati;

  •  uh studenti che protestano, vorrà dire che sarà una cerimonia divertente senza i soliti discorsi noiosi…vabè ho con me il mio iphone in caso di noia…

TUONI E SAETTE… sta piovendo a dirotto, e noi siamo senza ombrelli, con i nostri striscioni, fuori l’aula magna ad attendere i vip del momento tanto attesi.

Prima che tutto finisse come carta sbriciolata e bagnata, decidiamo di radunarci all’ingresso coperto dell’aula, desiderosi di entrare.

All’ingresso carabinieri, poliziotti e digos ci impediscono di entrare.

Le scuse sono le più disparate:

  1. c’è bisogno dell’accredito e della prenotazione;
  2. non potete entrare con gli striscioni e le bandiere
  3. non potete entrare e basta
  4. entrate ma statevi zitti dietro e nell’angolo
  5. vedete di fare i bravi.

Superando la sfinge all’ingresso ci dirigiamo verso le scale ed entriamo in platea, nell’angolo più remoto della sala.

Entra Bonanni, entra la Giannini, cominciano le lectio magistralis (terribili).

Dopo un po’ prende la parola il ministro dell’istruzione.

Silenziosamente ci alziamo ed apriamo lo striscione.

Dopo 30 secondi siamo circondati da 10 uomini della digos in borghese, che avevano circondato i componenti della contestazione. Strappano ogni lembo di striscione, ogni cartellone esposto, seppure in alto, e usando forza alla nostra resistenza.

A quell’atto spiazzante decidiamo di alzare le braccia, un po’ come a chiedere la parola al ministro, un po’ come a rappresentare di essere disarmati, un po’ per farci notare da quell’assemblea composta da incravattati e imbalsamati, nei loro vestiti da sera.

Senza battere ciglio il ministro prosegue nel suo discorso, e noi veniamo messi a tacere sia nell’azione che nella parola in ogni angolazione, con la scia di poliziotti che circondavano i pericolosi studenti sovversivi con le mano in alto.

Ogni tanto qualcuno si gira per veder chi siamo, cosa stiamo facendo e soprattutto perchè, qualcuno è scettico, altri sono dubbiosi, altri sconcertati, alcuni anche divertiti come se fossimo una scena patetica in uno scenario così importante per il mondo accademico.

I fotografi si accorgono di noi, vengono a fotografare quella che potrebbe essere la notizia succulenta del giorno, solo alcuni si fermano a chiedere le ragioni della nostra protesta.

La lectio magistralis del ministro del miur termina, e giù con altri cartelloni su per le scale, “opposizione al jobs act”  “+ borse di studio – sfilate” “no ai finanziamenti alle scuole private”  “meno tasse”   “no ai led” “no agli idonei non beneficiari” e poi gli slogan sugli argomenti preminenti per la scuola e l’università, mentre la platea inamidata applaude e stringe mani, strizza gli occhi per i flash e rimette i rivoli della giacca apposto per non farla apparire sgualcita.

Volete un incontro col ministro?

Uno o al massimo due di voi. In privato.

Risposte sconcertanti, inaudite, che non spiegavano un bel niente.

Una sorta di Che ore sono?  – Beh oggi è certamente mercoledì.

Un dibattito (dibattito? più che altro un soliloquio con tanto di compiacimento) scevro di contenuti, dove si lucidavano proposte nuove di zecche o in cantiere.

Cosa abbiamo portato a casa?

I vestiti bagnati e i cartelloni strappati, con ancora tanta voglia di lottare e rivendicare fino alla nausea, quella voglia che nessuno può fare a brandelli.

RED.

da Giovani Comunisti/e Salerno

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