SNOWDEN: MISSIONE COMPIUTA, I CITTADINI ORA SANNO

di Geraldina Colotti – il manifesto

«Sul piano per­so­nale, ho già vinto. Mis­sione com­piuta». Parola di Edward Sno­w­den, l’ex con­su­lente Cia che ha rive­lato il Data­gate. Dal suo rifu­gio in Rus­sia, Sno­w­den ha con­cesso due lun­ghe inter­vi­ste ai media dei paesi prin­ci­pal­mente inte­res­sati dal grande scan­dalo sulle inter­cet­ta­zioni ille­gali da lui por­tato in luce a giu­gno, Stati uniti e Gran Bre­ta­gna. Quat­tor­dici ore di col­lo­quio con il gior­na­li­sta del Washing­ton Post, Bar­ton Gell­man, che è andato a tro­varlo, hanno pro­dotto un’intervista-bilancio sullo spio­nag­gio elet­tro­nico e sugli anti­corpi neces­sari, secondo Sno­w­den, per evi­tare ai cit­ta­dini l’invasione della sor­ve­glianza elet­tro­nica nella pro­pria vita pri­vata. «Nel suo romanzo 1984, George Orwell ci aveva già messo in guar­dia, ma i mec­ca­ni­smi descritti allora non sono niente a con­fronto di quelli esi­stenti oggi», ha detto Sno­w­den dagli schermi della Tv bri­tan­nica Chan­nel 4.

La rete dif­fonde ogni anno mes­saggi di Natale alter­na­tivi alla tra­di­zio­nale dichia­ra­zione della regina Eli­sa­betta II. E così, un’ora dopo le parole ras­si­cu­ranti pro­nun­ciate dalla regina per la Bbc, i cit­ta­dini bri­tan­nici hanno ascol­tato quelle, ben più allar­mate, della fonte del Data­gate. In estate, le sue rive­la­zioni sullo spio­nag­gio elet­tro­nico hanno chia­mato in causa anche i ser­vizi segreti bri­tan­nici, che si ser­vono degli stessi pro­grammi di inter­cet­ta­zione ille­gali uti­liz­zati dall’Agenzia per la sicu­rezza Usa (Nsa). «Oggi por­tiamo in tasca dei sen­sori che con­sen­tono di loca­liz­zarci da qua­lun­que parte andiamo», ha detto Sno­w­den, e ha invi­tato a riflet­tere sulle con­se­guenze che pro­duce, sull’individuo e sul corpo sociale, l’essere costan­te­mente osser­vati. «Un bam­bino di oggi cre­scerà senza nes­sun con­cetto di pri­vacy, non saprà che signi­fica avere un momento intimo, un pen­siero che non sia ana­liz­zato o regi­strato. E que­sto è un pro­blema, per­ché la pri­vacy è impor­tante, ci con­sente di deter­mi­nare ciò che siamo e vogliamo essere», ha affer­mato. La discus­sione sul grado di inti­mità con­sen­tito oggi, serve a valu­tare «il grado di fidu­cia che si può riporre nella tec­no­lo­gia che ci cir­conda e nel governo che la regola». Per­tanto, «tutti insieme dob­biamo ricor­dare al governo che, se vuole sapere come ci sen­tiamo, doman­darlo è meno costoso che spiare». Nella sua prima inter­vi­sta diretta con­cessa dopo il suo asilo in Rus­sia, l’ex tec­nico infor­ma­tico ha riba­dito così i motivi che lo hanno spinto a sot­trarre oltre 1,7 milioni di docu­menti alla Nsa, e a distri­buirli alla stampa mon­diale: non per cam­biare la società, «ma per for­nirle i mezzi per deci­dere da sola, per­ché l’opinione pub­blica potesse dare il suo parere sul modo in cui siamo governati».

Un diser­tore? «Se ho diser­tato — ha rispo­sto Sno­w­den — l’ho fatto per pas­sare dal governo al pub­blico. Credo che un dibat­tito aperto e franco sui poteri del nostro governo sia meno dan­noso del peri­colo che quei poteri con­ti­nuino a cre­scere in segreto». D’altro canto, prima di far esplo­dere il Data­gate, Sno­w­den assi­cura di aver ten­tato «almeno in due occa­sioni» di aller­tare i suoi supe­riori sulle stor­ture pro­dotte dal dila­ga­re­dei pro­grammi di spio­nag­gio, ma senza esito.
Un tra­di­tore dispo­sto a ven­dere segreti di stato in cam­bio di asilo? A giu­gno, Sno­w­den ha abban­do­nato Hong Kong (prima tappa della sua fuga) ed è atter­rato a Mosca. Il Dipar­ti­mento di giu­sti­zia del suo paese lo ha subito accu­sato di spio­nag­gio e furto di docu­menti gover­na­tivi, inva­li­dando così il suo pas­sa­porto e obbli­gan­dolo a una lunga per­ma­nenza al tran­sito dell’aeroporto di She­re­me­tievo. «Non ho con­cluso alcun accordo con il governo russo né con altri governi», ha affer­mato Sno­w­den. L’unico patto con­tratto con Putin è stato quello di non nuo­cere al governo Obama, come richie­sto dal pre­si­dente russo. Per que­sto, Sno­w­den ha evi­tato di appa­rire in pub­blico, con­se­gnando all’avvocato Ana­toli Kut­che­rena — secondo il quale il suo assi­stito non sarebbe al sicuro in Rus­sia — le sue poche dichia­ra­zioni ufficiali.

Di recente, Sno­w­den si è però rivolto al popolo bra­si­liano dalle pagine del gior­nale Folha de S. Paulo per «sug­ge­rire» al governo Rous­seff di con­ce­der­gli asilo poli­tico. Una richie­sta in cam­bio della sua depo­si­zione all’inchiesta, in corso nel paese, sui risvolti del Data­gate. L’evidente intrec­cio di spio­nag­gio eco­no­mico e poli­tico rivolto alle imprese di stato e alla vita pri­vata della pre­si­dente Rous­seff, ha pro­vo­cato un ter­re­moto diplo­ma­tico nelle rela­zioni tra Usa e Brasile.

Rous­seff però non aveva rispo­sto posi­ti­va­mente alla richie­sta pre­sen­tata da Sno­w­den in estate a diversi paesi lati­noa­me­ri­cani, alcuni dei quali (Boli­via, Ecua­dor, Nica­ra­gua e Vene­zuela) gli ave­vano aperto le porte. Nean­che ora il governo bra­si­liano si è mostrato ansioso di rispon­dere al nuovo invito, nono­stante alcune mani­fe­sta­zioni di soste­gno, orga­niz­zate dalla Ong Avaaz, spe­cia­liz­zata in peti­zioni online. Una cam­pa­gna for­te­mente soste­nuta da Glenn Gree­n­wald, il gior­na­li­sta che per primo ha rac­colto le con­fes­sioni di Sno­w­den e che ora ha rice­vuto pro­te­zione dal Bra­sile insieme al suo com­pa­gno David Miranda. In pochi giorni, la peti­zione ha già rac­colto circa 9.000 firme e le ini­zia­tive di soste­gno a Sno­w­den, a Julian Assange (il fon­da­tore di Wiki­leaks ancora fermo nell’ambasciata ecua­do­riana a Lon­dra) e a Brad­ley Chel­sea Man­ning (il sol­dato che ha for­nito ad Assange i docu­menti del Cablo­gate) non sono man­cate anche in que­sti giorni.

«Se Sno­w­den venisse in Bra­sile — ha detto David Miranda — potrebbe fare ancora molto per aiu­tare il mondo».

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