LE VOCI OMOFOBICHE DELLA TRECCANI

di ***

Pregiatissimo Signor Ministro,
ci rivolgiamo a Lei, non solo in quanto titolare del Dicastero competente a sovrintendere le attività culturali del nostro Paese, ma anche perché prima di assumere tale incarico è stato Direttore editoriale dell’Enciclopedia Treccani. Siamo un gruppo di studiose/i e intendiamo sottoporle alcune considerazioni in merito ai contenuti di alcune voci relative a questioni di genere e sessualità del Dizionario di Medicina (2010) e dell’Enciclopedia, disponibili on-line al sito internet Treccani.it.

Si tratta delle voci «transgender», «omosessualità», «lesbismo», «intersessualità», «gender». La lettura di tali voci – in cui il piano della valutazione morale e il piano dell’informazione scientifica risultano sovrapposti, con una netta ed evidente preponderanza del primo sul secondo – ha suscitato in noi uno spettro di reazioni che vanno dallo stupore all’indignazione.
Stupore, perché le voci sopra citate appaiono prive di un’adeguata bibliografia di riferimento e gli autori/le Autrici sembrano ignorare l’enorme mole di studi prodotti nell’ultimo trentennio nei diversi ambiti delle scienze mediche, sociali e giuridiche, che smentiscono molto di quanto asserito in esse.

Indignazione, perché il lessico impreciso e i contenuti stigmatizzanti di quelle voci, diffusi da un soggetto storicamente autorevole nella divulgazione come l’Enciclopedia Treccani, rischiano non solo di annullare il lavoro di quanti – attiviste/i e studiose/i – ogni giorno combattono contro pregiudizi e violenze sessiste e omo-transfobiche ma, soprattutto, di dare legittimità a quei pregiudizi e a quelle violenze.

A sostegno di quanto andiamo dicendo, solo a titolo esemplificativo, le riportiamo di seguito alcune delle affermazioni imprecise e/o infondate contenute nelle varie voci. Alla voce «Transessuali», ad esempio, si può leggere che «il transessuale in genere aborre l’omosessualità e cerca invece di cambiare quello che considera lo sbaglio della natura circa il suo corpo. A seconda delle circostanze sociali, economiche e legislative dell’ambiente in cui vive, il transessuale cerca rimedio in ormoni e altri farmaci, in interventi estetici e infine nel cosiddetto cambiamento di sesso chirurgico. In realtà, la chirurgia non ha affatto tale potere: può al massimo costruire una apparenza del genere sessuale agognato mentre distrugge irreparabilmente l’anatomia di quello originario».

L’Autore/Autrice della voce sembra ignorare che l’orientamento sessuale delle persone transessuali/transgender è – come per chiunque altra/o – slegato dall’identità di genere ed è quindi falsa l’asserzione che un soggetto transessuale/transgender «aborrisca» l’omosessualità. L’Autore/Autrice fornisce poi una sua ultronea valutazione personale – pesantemente stigmatizzante dell’esperienza della riattribuzione chirurgica del sesso – asserendo che non costituirebbe un «rimedio», come invece la letteratura scientifica più accreditata nonché le esperienze e testimonianze delle stesse persone transessuali/transgender confermano.

Una visione distorta e ideologica della sessualità non eterosessuale è ancora evidente alla voce «Gender», nella quale, anziché dare conto di un dibattito articolato sui significati culturali e politici della categoria analitica di «genere» e riportare – come sarebbe corretto e auspicabile – le opinioni di sostenitori e detrattori, semplicemente viene scritto: «In questo contesto, alcuni studi di antropologia evidenziano l’urgenza di recuperare una visione unitaria della persona, che permetta di cogliere tutte le dimensioni dell’individuo: la sua uguaglianza ontologica rispetto a tutti gli uomini e la sua specificità biologica e psichica, ossia la sua unicità nell’essere pienamente uomo o donna. La realizzazione dell’identità sessuata dell’individuo, infatti, che si manifesta nel suo essere uomo o donna, e che si esplicita nelle finalità stesse della sessualità (la riproduzione e la continuità intergenerazionale), presuppone necessariamente una dimensione corporea definita, sulla base della quale il soggetto possa sviluppare un’identità psichica, in grado di percepire il valore della diversità sessuale e di confrontarsi con essa».

L’adesione a una visione essenzialistica dell’identità sessuale, nello specifico eterosessuale e generativa, diviene per la voce in questione «necessaria» per una qualsivoglia identità psichica «sana». In ossequio a tale quadro interpretativo, smentito in realtà dalla più recente ed autorevole letteratura scientifica, alla voce «Omosessualità» si può leggere che «a oggi, peraltro, quel che si può affermare con certezza è che, sulla base della evidente bipolarità sessuale uomo/donna, l’orientamento eterosessuale è innato (in-naturae), ma può subire cambiamenti o modificazioni a causa di particolari interazioni del soggetto con l’ambiente familiare e sociale, generando un orientamento omosessuale».

Chi si occupa di queste tematiche sa bene che la questione della genesi dell’orientamento sessuale resta a oggi indecidibile: affermare che il desiderio eterosessuale sia «originario» è quindi semplicemente un espediente – a nostro giudizio – per indurre nel lettore una visione negativa del desiderio omosessuale. Nelle suddette voci viene inoltre dato per scontato che esista un’unica «diversità sessuale» (quella maschio/femmina) sulla base di una presunta «evidente bipolarità sessuale uomo/donna» quando ormai decenni di studi sull’argomento (dalle scienze biologiche a quelle umanistiche) hanno evidenziato come il dimorfismo sessuale non sia un universale culturale e che la fisiologia umana si presenta con numerose variazioni nello sviluppo sessuale (di tipo cromosomico, gonadico e/o anatomico), le cosiddette forme di intersessualità o DSD (differenze nello sviluppo sessuale). Il dubbio che gli Autori/le Autrici delle voci in questione non abbiano accuratamente preso in considerazione la bibliografia aggiornata sui temi trattati lo sollevano ancora le parole sul lesbismo: «Nelle donne omosessuali il comportamento psicosociale poco differisce da quello delle eterosessuali e raro è il comportamento pseudomascolino nello stile di vita; in genere si tende a conformare le proprie esperienze a quelle dei modelli eterosessuali, con una partner dominante, maschile (butch), e un surrogato della moglie, con frequente scambio di ruoli».

In breve, fedele alla tradizionalista visione indifferenziata della popolazione femminile l’Autore/l’Autrice minimizza la peculiarità dell’identità lesbica, sussumendola sotto uno schema interpretativo maschilista ed eteronormativo: egli/ella schiaccia infatti la complessità delle relazioni tra donne sullo scimmiottamento della coppia eterosessuale, utilizzando un lessico non scientifico («surrogato della moglie») e individuando «una partner dominante» all’interno della coppia. Solo ragioni di spazio e la preoccupazione di non abusare del suo tempo ci impediscono di continuare nel citarle altri passaggi che non ci si aspetterebbe di trovare in un’opera scientifica che si ammanta del nome della Treccani.

Quello che le chiediamo, come lettrici e lettori attente/i, come studiose/i e ricercatrici/ricercatori, è di invitare l’attuale responsabile editoriale dell’Enciclopedia Treccani o chiunque si occupi di monitorare il contenuto delle voci che Le abbiamo segnalato per il tramite del Prof. Amato, che ci legge per conoscenza, a far revisionare seriamente le stesse voci, integrandole con riferimenti bibliografici aggiornati e scientificamente autorevoli che, nel caso, saremmo ben lieti/e di suggerire, dando conto dei recenti sviluppi degli studi sulle tematiche trattate.

Siamo certe/i che vorrà perseguire una corretta ed esaustiva informazione scientifica, scevra da pregiudizi e rispettosa dei diritti e delle diverse sensibilità di chi legge, tenendo fede così alla serietà che ha sempre contraddistinto l’Enciclopedia Treccani, e onorando in tal modo il suo passato di Direttore editoriale della stessa Enciclopedia, e il suo presente di Ministro della Repubblica.

*** Hanno firmato la lettera al ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Massimo Bray e per conoscenza a Giuliano Amato, presidente dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana:
Maya De Leo (PhD – Università di Pisa)
Federico Zappino (PhD – Università di Sassari)
Laura Scarmoncin (Studente – South Florida University)
Michela Balocchi (PhD – Università di Firenze)
Sara Garbagnoli (Dottoranda – Ehess, Parigi)
Francesco Bilotta (Ricercatore in Diritto privato – Università di Udine)
Lorenzo Bernini (Ricercatore in Filosofia politica e Coordinatore del centro di ricerca Politesse – Politiche e teorie della sessualità – Università di Verona)

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