IL SOGNO DELLA PALESTINA CANTA SU «ARAB IDOL»

di Michele Giorgio

E se Mohammed Assaf vincesse Arab Idol? Hussein, 22enne di Gaza, aspetta qualche secondo prima di rispondere alla nostra domanda. «Sarebbe un bel dilemma per quelli del governo di Hamas – prevede -, perché da un lato non vogliono entrare in conflitto con gli imam più radicali che accusano Assaf di portare sulla strada sbagliata i ragazzi musulmani, dall’altro sanno che sarebbe un terribile errore impedire il concerto a Gaza di un palestinese diventato così popolare, che canta la sua terra». Ha ragione Hussein.
Sarebbe folle impedire una esibizione pubblica di Assaf, nato e cresciuto a Khan Yunis, che davanti a milioni di telespettatori arabi, con il suo repertorio fatto di brani pop e della tradizione classica, ha saputo riportare in primo piano la questione palestinese. Come nessun leader politico ha fatto in questi ultimi anni. Il governo di Gaza non ha preso posizione, lo farà quando diventerà imminente il ritorno di Assaf a Khan Yunis. I leader religiosi più radicali invece continuano, con sermoni infuocati, a lanciare pesanti accuse al giovane cantante che pure non ha atteggiamenti da star, non eccede sulla scena e si mostra sempre molto sobrio, non andando oltre qualche sorriso.
Dalla parte di Assaf ci sono milioni di ragazzi (e non solo) palestinesi e arabi che lo adorano. Per il suo stile, la sua naturalezza e, ovvio, per la sua voce che tanto ricorda quella di un mito della canzone egiziana di un bel po’ di anni fa, Abdel Halim Hafez. I suoi fan più accaniti lo chiamano Hilm Filastin («il sogno della Palestina») perché Mohammed davanti alle telecamere spesso canta, con la kefiah sulle spalle, brani della tradizione palestinese, su Gerusalemme e invoca il diritto al ritorno per i profughi.
Ventitre anni, nato in Libia nel 1989 e tornato a Gaza nel 1994, Assaf studia relazioni pubbliche. La sua vita però è sempre stata il canto. Ha cominciato a esibirsi da «professionista» già a 11 anni ai matrimoni. Da adolescente ha capito di avere una voce fuori dal comune, che potrebbe portarlo a diventare uno dei più cantanti arabi più famosi. Così ha colto al volo l’opportunità offerta dalla televisione araba Mbc che produce e trasmette Arab Idol, una sorta di versione mediorientale di The Voice, visto di recente in Italia. Con una differenza non di poco conto. Se la giovane albanese Elhaida Dani, vincitrice dell’edizione italiana di The Voice, è stata seguita da un alto numero di telespettatori, quando si accedono le telecamere di Arab Idol davanti agli apparecchi televisivi ci sono decine di milioni di arabi, dall’Algeria all’Iraq.
Da qui il successo enorme riscosso da Mohammed Assaf che ieri sera ha preso parte con altri tre giovani alle semifinali della competizione canora. Qualcuno lo considera il favorito alla vittoria finale, su Youtube i video delle sue esibizioni hanno milioni di visualizzazioni, più di tutti i suoi avversari. A dargli una mano anche i complimenti che gli ha fatto in diretta tv una delle regine del pop arabo, Nancy Ajram.
Comunque andranno le cose, il ragazzo di Khan Yunis ha già firmato un contratto con una delle etichette mediorientali più importanti. Lui, ancora timido quando deve parlare al pubblico e ai giudici, due giorni fa da Beirut (da dove viene trasmesso il programma) ha mandato un saluto speciale a Gaza e alla Palestina. «La mia gente mi sta sostenendo da quando è cominciata questa avventura, ringrazio chi è venuto fino a Beirut per incoraggiarmi. Spero di vincere ma non sarà facile, i miei avversari sono molto bravi».
Khaled al Houroub del quotidiano al Ayyam qualche giorno fa ha messo in guardia Fatah e Hamas, i due principali movimenti politici palestinesi, e in generale le forze politiche tradizionali arabe, sul significato del successo di Arab Idol e di Assaf. «Alcuni dei brani interpretati dal giovane cantante hanno milioni di visualizzazioni, più dei voti che Hamas e Fatah hanno ottenuto alle elezioni politiche del 2006 al Houroub», dice. «Arab Idol solleva profonde questioni culturali e sociologiche per chi è interessato alla vita pubblica, in particolare ai leader dei partiti religiosi e non religiosi – spiega al Houroub -, il grande successo del programma suggerisce che le masse si allontanano dai canali di notizie politicizzati e dai canali religiosi usati per anni per attirare le masse arabe. La recente corsa all’intrattenimento televisivo dimostrata dagli ascolti che registrano certi programmi su varie stazioni, è anche figlio della stanchezza di milioni di persone verso l’informazione politica, religiosa e di guerra». Per Assaf, prosegue l’analista, votano musulmani e cristiani, uniti nel sostenere un giovane e stanchi di chi propone separazione e fratture. «Non è una esagerazione – conclude – sostenere che fa di più Mohammed Assaf per la riconciliazione nazionale palestinese che gli uomini politici. Assaf sta ricucendo ciò che le forze politiche hanno strappato».
Considerazioni che trovano conferma nelle parole di Ebaa Rizek, 22enne universitaria di Gaza, impegnata in politica ma lontana dai partiti tradizionali. «Mohammed ci fa sentire un popolo unito – dice la ragazza – e dalla Cisgiordania e Gaza tifiamo per lui, perché è bravo e porta nel mondo arabo la Palestina con la sua cultura, la sua storia e la sue capacità». Ieri sera Ebaa si è riunita a casa con un po’ di amici con un gruppo di amici per «tifare» e digitare sul cellulare un sms con il numero 3, corrispondente ad Assaf.
Quando abbiamo chiuso questo articolo per il giornale, il risultato delle votazioni e, quindi, di chi andrà alla finalissima, non era ancora noto. Tuttavia il giovane cantante di Khan Yunis ha vinto in ogni caso. Anche contro la schiera di esponenti religiosi che vorrebbero impedirgli di tenere un concerto pubblico. Mohammed dalla sua parte ha milioni di palestinesi.

MICHELE GIORGIO

da il manifesto

15 giugno 2013

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