LA POLIZIA E LA BUFALA DELL’OMBRELLO

di Marco Vulcano

Gli studi condotti finora sulla figura di Sant’Agostino sono davvero molti, eppure, il celebre detto agostiniano riassumibile nella formula «errare è umano, perseverare è diabolico» pare essere totalmente sconosciuto alla questura di Terni, che nella serata di ieri, dopo i fatti che hanno portato al ferimento del sindaco della città, Leopoldo Di Girolamo, e di Sergio Lanzini, capoturno delle acciaierie, ha convocato a colloquio un operaio di 36 anni notificandogli l’esistenza di alcuni video in cui si vedrebbe brandire in aria un ombrello. I video, secondo l’ipotesi della questura, dimostrano come proprio quell’ombrello sia il vero responsabile del ferimento alla testa del primo cittadino ternano, la cui immagine insanguinata ha fatto il giro dei notiziari di mezzo mondo.
L’interrogatorio dura un’ora, alla presenza di ben 12 funzionari di polizia, e il giovane operaio non solo ammette di aver manifestato e di aver portato con sé l’ombrello, ma chiede spontaneamente di sequestrarlo per farne l’uso che la questura ritiene più appropriato. Si tratta di un ombrello modello Ikea, con manico in gommapiuma. Un oggetto che, dice il sindaco – che è anche medico – a il manifesto, «al massimo può provocare un’escoriazione, non una ferita lacero-contusa con ematoma». Del resto anche il professor Giuliani, che ha visitato la ferita alla testa di Di Girolamo, ha pochi dubbi: si tratta di manganello.
L’ipotesi dell’ombrello come causa del ferimento del sindaco però prende corpo anche grazie alla diffusione di alcuni video in rete, e nella giornata di ieri è stata notificata dalla Procura della Repubblica al giovane manifestante con l’ombrello l’iscrizione al registro degli indagati per ben sette diverse ipotesi di reato, di cui soltanto una è legata al ferimento del sindaco. Si tratta di reati come lesioni, riunione pubblica non autorizzata, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamenti, getto pericoloso di cose e interruzione di pubblico servizio. «Tutti reati che – afferma il legale del giovane – sono legati al pubblico servizio e sono riferibili anche ad altre persone, anche se a oggi il mio assistito è l’unico indagato, ritenuto responsabile di reati che non escludono il concorso». Il legale ha presentato una memoria difensiva in cui si chiede che vengano ascoltati il sindaco, gli assessori comunali e regionali presenti ai fatti, e i dirigenti sindacali in testa al corteo, testimoni dell’accaduto. Quello che è certo è che il contatto tra la superficie dell’ombrello e la testa del primo cittadino non si vede da nessuna parte.
La testa del sindaco di Terni però non è la sola che porta scolpiti i segni della solerzia delle forze dell’ordine nella giornata di ieri. Come fa notare la Cgil in un comunicato, alle cronache è stata consegnata anche un’altra testa spaccata. Si tratta di Sergio Lanzini, che racconta a il manifesto: «Ero nella seconda fila del corteo e da dietro gli altri spingevano molto. Mi sono girato per dire di fare più piano, perché le gambe mi stavano cedendo, e mi è arrivata una manganellata in testa. Mi hanno preso alle spalle, a tradimento. Se il manganello lo vedi arrivare magari puoi parare il colpo con un braccio, ma così no». «Quello che vorrei capire – continua il capoturno delle acciaierie – è il perché di tutto questo, cosa ho fatto, perché accogliere in assetto antisommossa un padre di famiglia che manifesta per il proprio lavoro?».
Nel pomeriggio di ieri è stato indetto un consiglio comunale per discutere dell’accaduto. Il sindaco ci spiega: «Una città come Terni non meritava e non merita questo trattamento. Ne è la prova il comportamento dei lavoratori, che nonostante tutto sono rimasti pacifici anche con le forze dell’ordine. Il questore – conclude il primo cittadino – al telefono mi ha detto che ha ritenuto opportuno mantenere la copertura dei punti sensibili, come la stazione. Evidentemente l’orario dei treni è più importante dell’incolumità delle persone».

MARCO VULCANO

da il manifesto

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