AZZERARE LA CLASSE DIRIGENTE

di Enrico Lobina

In Italia dobbiamo affermare un principio: la squadra che vince non si cambia. Nel nostro caso, la squadra ha perso, più di una volta. Ha perso un modo di fare politica. La classe dirigente, quindi, deve essere azzerata. Chi ne è stato parte vada a fare opposizione al neoliberismo nel suo quartiere, nel suo luogo di lavoro. Continui a studiare e faccia parte della nostra comunità. Non si tratta di una svolta generazionale, non sempre i giovani hanno ragione. Ma nella sinistra cosiddetta “radicale” c’è stata una selezione avversa delle classi dirigenti. Piccoli gruppi armati uno contro l’altro, costretti dall’ininfluenza a stare insieme, preoccupati solo della propria autoconservazione, incapaci di costruire rapporti di massa, un sentire comune, una strategia per uscire dall’angolo.

Il risultato? Nel culmine della crisi del neoliberismo, chi quella catastrofe la annuncia da anni è ridotto all’ininfluenza. Molti quell’ininfluenza l’hanno anche coltivata, nascondendo dietro una presunta purezza ideologica il proprio inutile spirito di autoconservazione. Costruire l’unità della sinistra, questo ancora dev’essere il nostro compito. Unità non delle sue classi dirigenti, ma del suo popolo. Oggi, divisi e disorganizzati, non abbiamo più niente da dire. Nel merito siamo d’accordo su tutto. Siamo divisi sulla tattica. E questo ci rende deboli, rafforza i nostri avversari, ci rende inutili.

Partiti come Sel, Rifondazione e il Pdci hanno perso la loro funzione storica. Dopo anni di scissioni fallimentari devono sciogliersi, per costruire intorno a una diversa classe dirigente una nuova organizzazione politica della sinistra, fondata su lavoro, ambiente, democrazia, diritti.

Dobbiamo distruggere un senso comune e costruirne un altro. Rifondare una comunità di liberi ed eguali. Una comunità solidale e aperta. Dobbiamo dare una prospettiva sociale e politica di massa alternativa al neoliberismo e alla guerra, e contemporaneamente essere forza di governo, interagendo in maniera dialettica con la sinistra di governo, anch’essa terremotata da errori e sconfitte. Perché di cambiamenti reali ha bisogno il nostro popolo disperso.

Dobbiamo trasformare le forme organizzative: oggi molte sigle scimmiottano strutture degli anni ‘70. È come se il Pci di Berlinguer copiasse la struttura del 1920. Altri scimmiottano il partito leggero, personalistico, senza comprendere che anche quel modello è stato sconfitto. Nel mezzo c’è stata una rivoluzione economica, informativa e relazionale. Oggi persone, classi sociali, comunità, si relazionano in modo completamente diverso. Grillo l’ha capito, noi no. Il risultato è che siamo respingenti, cultori di una lingua morta e non uomini e donne del presente. Il nostro popolo ci volta le spalle, mentre noi convochiamo lunghe e inutili riunioni dei nostri organismi dirigenti, dove nessuno ascolta e nessuno ci guarda. Eppure di una grande forza popolare, alternativa al neoliberismo e alla guerra, abbiamo oggi più che mai assoluto bisogno. Essa potrà nascere solo da un azzeramento. Perché chi ci ha preceduto questo ci ha lasciato in eredità.

ENRICO LOBINA

da www.enricolobina.org

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