“SALVIAMO L’UNIVERSITA’ PUBBLICA”

di Assemblea “Salviamo l’Università pubblica”

L’assemblea “Salviamo l’Università pubblica”, tenutasi presso l’Aula 1 della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma “La Sapienza” in data 25 gennaio 2013:

  • considera l’Università pubblica come “bene comune”, ossia un’istituzione fondata sul carattere pubblico della sua funzione e organizzata secondo i principi costituzionali del buon andamento e della corretta amministrazione. La sua gestione deve essere pertanto improntata alla trasparenza dei bilanci e alla spesa delle risorse per i suoi fini istituzionali e non ai criteri privatistici di una redditività esclusivamente economica;

  • Chiede alle forze politiche un impegno a porre all’attenzione del futuro Parlamento la questione universitaria. Vanno bloccate le parti non ancora applicate della legge Gelmini e va aperto un confronto con tutte le componenti e le organizzazioni del mondo universitario per il varo di una nuova legge la quale abolisca – o quantomeno ripensi dalle fondamenta – il sistema del 3+2 e dei crediti formativi;

  • Considera obiettivo minimo e necessario un rientro dai tagli di 400 milioni di Euro operati dalla legge di stabilità onde assicurare almeno la spesa ordinaria corrente;

  • Ritiene che da subito vadano trovate nuove risorse (ad esempio con un taglio dell’1% delle spese militari) per dare all’Università una certezza e una continuità del finanziamento pubblico;

  • Afferma il dovere di rilanciare il diritto costituzionale allo studio, provvedendo da subito al rifinanziamento delle borse di studio per i meno abbienti e i fuori sede e dotando di aule, mense, biblioteche e materiale didattico le istituzioni pubbliche del sapere dalla scuola all’Università;

  • Chiede una rimodulazione delle tasse universitarie (oggi tra le più onerose in Europa) che favorisca i ceti meno abbienti e sia impostata su criteri di progressività;

  • Chiede alle forze politiche di adoperarsi affinché nell’arco della Legislatura che sta per iniziare l’incidenza degli investimenti per l’istruzione universitaria sul Pil sia portata a percentuali almeno analoghe a quella media dei paesi Ocse. Secondo i dati raccolti nel’ultimo rapporto Ocse sull’Istruzione, in Italia la spesa pubblica annua per l’istruzione universitaria è pari all’1% del Pil (9.533 dollari a studente), a fronte di una media dell’Unione Europea a 21 nazioni dell’1,3% (12.958 dollari a studente) e una media Ocse dell’1,5% (13.717 dollari a studente). Germania e Francia spendono rispettivamente 15.390 e 14.079 dollari;

  • Chiede la cessazione, nell’arco della Legislatura che sta per iniziare, del finanziamento pubblico all’istruzione privata;

  • Chiede la riorganizzazione in senso democratico degli spazi di governo all’interno degli atenei;

  • Chiede un ripensamento dell’attuale docenza attorno al ruolo unico cui si accede per concorso e con avanzamenti in base a valutazioni individuali;

  • Chiede una nuova politica di reclutamento dalle scadenze certe e continuative nel tempo attraverso una rivalutazione del dottorato di ricerca e un unico canale d’accesso con il sistema della tenure track;

  • Chiede l’azzeramento dell’Anvur e la definizione di un nuovo organo della valutazione autonomo rispetto al Miur con parametri valutativi scelti attraverso il confronto con le aree scientifiche e disciplinari e il mondo della ricerca;

  • Chiede che le forze politiche si adoperino per superare la figura del ricercatore universitario a tempo determinato. I ricercatori devono essere assunti solo ed esclusivamente a tempo indeterminato al fine di garantire la loro completa libertà di ricerca. Allo stesso tempo deve essere bandita ogni forma di lavoro precario all’interno delle Università. Lo stesso dicasi per la scuola, dove si deve provvedere alla stabilizzazione dei precari e si deve porre fine all’accorpamento degli istituti;

  • Chiede, pur nella necessità di ampliare la dimensione internazionale del sapere, la tutela della lingua italiana nei corsi universitari;

  • Chiede l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni attraverso una riforma organica dell’istruzione primaria e secondaria realizzata con la partecipazione del corpo docente;

  • Chiede una politica seria in grado di affrontare il problema della dispersione scolastica.

gennaio 2013

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