Giornata storica a Lisbona: sciopero totale, tutto fermo

di Goffredo Adinolfi

Il governo vuole «rifondare lo stato»: aumenta del 10% il bilancio della polizia e pensa a mettere i tagli al welfare in Costituzione
Stavolta è impossibile non rilevare come quella di ieri sia stata davvero una grandiosa giornata di lotta. Trasporti bloccati, scuole chiuse, fabbriche ferme: Lisbona è rimasta per l’intera giornata avvolta in un insolito silenzio. È indubbio che ieri i lavoratori hanno mostrato in modo inequivocabile quale sia il vero motore su cui il Portogallo può contare per uscire dalla crisi.
Apparentemente nulla sembrerebbe essere stato ottenuto, eppure, nonostante tutto sembri ripetersi, stavolta tutto appare differente. Per almeno tre ordini di ragioni: la prima è che questa volta è stato uno sciopero, o giornata di lotta, a livello europeo, moltiplicando, esponenzialmente, il suo impatto effettivo.

In secondo luogo perché tutti gli indicatori economici rivelano come il percorso verso il baratro sia decisamente più rapido di non quanto si potesse pensare. Il terzo punto, forse il più importante, ha a che vedere con l’idea stessa di democrazia: in un contesto di grande scarsità a essere messo in causa non è più solamente il salario o i diritti ma è l’intera struttura del sistema democratico.
A essere contro le politiche del governo non ci sono solo movimenti e partiti di sinistra ma anche spezzoni di partiti e movimenti di destra, desiderosi di stravolgere la finanziaria sostituendo l’aumento dell’imposizione, ovvero i 2/3 dell’intero bilancio, con una drastica riduzione della spesa. Ma se si vuole procedere a tagli consistenti occorrerà procedere a una riscrittura di molti articoli della Costituzione. È quella che l’attuale premier ha chiamato esplicitamente «Rifondazione dello Stato».
Democrazia e welfare ma non solo, perché anche il sindacalismo libero è oggetto di un profondo ripensamento. È vero sono anni che il sindacato è sul banco degli imputati, ma oggi il coraggio, la tenacia, la fierezza di chi vive a livelli di sussistenza, spesso ben al di sotto, e per i quali una giornata in più di lavoro segna la differenza tra il mangiare e il non mangiare, è un qualcosa di inspiegabile che riaccende la speranza.
Il blocco sociale che un anno fa ha fatto di tutto perché il Portogallo chiedesse aiuto alla Troika, ben sapendo quali sarebbero state le conseguenze, è ora sulla difensiva. Cercando di arginare i danni, i media danno grande enfasi alle parole del primo Ministro Pedro Passos Coelho che, in una giornata dove mai come prima la legittimità del suo governo è stata messa in discussione, avverte che «benché il diritto allo sciopero sia un diritto inalienabile occorre anche che non se ne approfitti troppo». Sullo sfondo la questione dei portuali accusati di boicottare, con il loro lungo e sofferto sciopero, le esportazioni e quindi di aggravare la crisi: «Se oggi non si trova un accordo – soggiunge Coelho – procederemo a precettazioni». Parole pesanti, intimidatorie. Il ministro degli Interni Miguel Macedo chiede alla forze di sicurezza di filmare tutto. E, per maggiore sicurezza, aumenta il bilancio delle forze dell’ordine del 10%.
Il governo si mostra molto nervoso, quella di ieri è stata senza ombra di dubbio una giornata storica, basta scorrere i numeri delle fabbriche in cui la produzione è stata bloccata per farsi un’idea. Come si sottolinea negli ambienti della Cgtp e del Pcp, è non solo l’adesione massiccia della pubblica amministrazione ma anche e soprattutto quella dei lavoratori del settore privato più ricattabili e quindi più timorosi a partecipare: i compagni delle ferrovie, quelli dei cantieri della Lisnave, degli autobus della Carris, metropolitane, tram, porti, centrali termoelettriche, insomma tutto.
«Il potere non ha paura delle proteste ma della lotta organizzata», sintetizza Jeronimo de Sousa, leader del partito Comunista portoghese ed è indubbio che, conclude il segretario generale della Cgtp Armenio Carlos, «questo non è uno sciopero di protesta ma di proposta». Ecco il nodo di tutto: fino a che ci si limita a protestare il governo si sente tranquillo, l’atteggiamento vincente del sindacato è stato, invece, quello di avere presentato un progetto alternativo e concreto non agli obiettivi imposti dalla Troika ma alle politiche della Troika.
Purtroppo alla fine di una giornata sostanzialmente perfetta duri scontri si sono scatenati davanti al parlamento. Ovviamente basta un piccolo gruppo a giustificare un intervento della polizia che alla fine colpisce tutti, ma si sa è l’oramai ben rodato modello Black Block. Dopo un’oretta di lanci di sampietrini, petardi e di tentativi di violare le barriere a protezione dell’Assembleia da Republica la polizia ha caricato e da lì si è scatenata la guerriglia urbana. Inutile dire che tutti i tg hanno aperto con gli scontri e tutto ciò che era stato fatto di positivo nelle ore precedenti è passato in secondo piano: armi di distrazione di massa.

GOFFREDO ADINOLFI :: il manifesto

15 novembre 2012

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