Cronache giovanili dal congresso: «Sono qui, e ci sto bene. Questo Partito mi va»

di Maria R. Calderoni

Simone Oggionni me lo dà come il più giovane delegato del congresso. Mattia Nesti, 19 anni, capelli scuri e ricci, viso delicato, bel sorriso, nonché camicia bianca, giubbotto blu e inconfondibile accento toscano (per forza, è di Pistoia). Studente, ultimo anno di liceo classico, famiglia di sinistra ma senza tessere di partito, ceto medio. Mattia, segni particolari: Giovane comunista. E, come tale, a scuola va bene, 8 in storia, studiare gli piace, «studio per me, non solo perché ho degli esami da superare».
Una giornata piena, la sua, è un giovane comunista non un secchione. Il liceo, ma anche il pianoforte, la scherma, gli amici, «siamo un gruppo fisso, un bel gruppo, stiamo bene insieme». A Rifondazione ci è arrivato da solo, da ragazzino, nemmeno diciassettenne. «Frequentavo gruppi giovanili, collettivi studenteschi; ma quando ho incominciato a interessarmi di politica più seriamente, ho capito che ci voleva un partito». Un partito «come realtà costruita, più solida e organizzata, ben radicata nel territorio ma anche di respiro nazionale». Anche un partito «come strumento utile a modificare il mondo». Ci voleva un partito e lui si è iscritto a Rifondazione Comunista (che, ci tiene a dire, «a Pistoia è piuttosto forte», 400 iscritti).
Ha 19 anni e ci crede. Va bene, come tutti ama Vasco Rossi, e gli piacciono i gialli (toh, scopro che stiamo leggendo lo stesso libro, “La trilogia di Adamsberg”), vorrebbe fare il giornalista.
Contento di esserci, qui al congresso, per conoscere i compagni, capire, ascoltare: «E’ la prima volta, una esperienza molto interessante, stimolante; e utile».
Mattia, segni particolari: nato dopo il crollo del Muro di Berlino. Lui non c’era. Allora, ci hai ragionato? Furono solo “errori ed orrori”? Scuote la testa e quasi se la prende: «Ma no, tutto il contrario». Lui non c’era. E però sull’ Unione sovietica ha le idee chiare: «Una esperienza storica di grande importanza, da studiare e valorizzare». E dimmi – insisto (sfacciatamente) – magari oggi parole come comunismo, Lenin sono, secondo quanto sostiene qualcuno, parole “indicibili”? «Proprio no, direi dicibili. Molto, molto dicibili».
Niente da fare, un Giovane comunista è un Giovane comunista. Ha quei segni particolari lì, che ci volete fare.Guarda, Mattia, che ci contiamo. E scusami se il tuo pezzo è molto meno lungo di quello di Guido. Magari ci possiamo risentire fra 8 congressi.

MARIA R. CALDERONI

Liberazione, 6 dicembre 2011

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