Gagarin, il comunista che volò per primo nello spazio

di Andrea Parti

Il 12 aprile 1961, alle 9:07 (ora di Mosca), il cosmonauta sovietico Yuri Gagarin scrive una delle pagine più sensazionali dell’intera storia dell’umanità. A bordo della navicella Vostok 1, montata su un vettore balistico R7 appositamente modificato per l’occasione, compie un volo intorno alla Terra, raggiungendo un’altitudine massima di 302 km e una minima di 175 km, viaggiando a una velocità di 27.400 km orari. Atterrerà 108 minuti dopo la sua partenza, davanti all’incredula Anna Tartakova, contadina di una fattoria collettiva, nella regione di Saratov.

Nato il 9 marzo 1934 a Klushino, un villaggio nei pressi di Smolensk, vive in un kolchoz, dove il padre lavora come falegname. Nonostante l’invasione nazista, Yuri riesce a trasferirsi a Mosca e a frequentare la scuola superiore, passando poi alla scuola tecnico industriale di Saratov. Nel 1955 si iscrive a un circolo aereonautico e, sempre nello stesso anno, svolge con successo il suo primo volo in solitario a bordo di uno YAK-18. Grazie all’ottimo risultato scolastico entra nell’Accademia Aereonautica Sovietica di Orenburg dove viene addestrato a pilotare i MIG. Nel 1957 si diploma a pieni voti e diventa tenente dell’Aereonautica. Nel 1959 si iscrive al Partito Comunista; sempre nello stesso anno partecipa alla selezione dei primi cosmonauti sovietici. Partecipa con entusiasmo a tutti i test: prove di matematica, resistenza allo stress, accurate visite mediche. Fa parte dei 20 selezionati rispetto ai 2200 candidati iniziali, oltrepassa anche le restanti prove specifiche: cabina pressurizzata, resistenza alla temperatura, esami mnemonici e comportamentali. L’esito di questi ultimi test è storia.

La vicenda del volo del Vostok 1, come l’intera vita di Gagarin possono offrire un’infinita serie di riflessioni e spunti assolutamente non rituali, oggetto anche dell’attuale dibattito politico interno ed esterno al nostro schieramento.

Tra le tante che potrebbero essere prese in considerazione mi vorrei soffermare su due in particolare: il dibattito sulla meritocrazia in ambito formativo e il ruolo del progresso nella costruzione del socialismo.

Per quanto riguarda la prima riflessione, quello che viene definito dalla nostra stampa come tema del “merito” è un argomento che torna periodicamente in auge ed è agitato un po’ da tutte le forze politiche e in particolare da Montezemolo (che, un po’ per nascita, un po’ per percorso scolasico è la negazione totale di questo termine). La massima realizzazione di un individuo, dal percorso formativo a quello occupazionale, è certamente un tema importante e assolutamente da non trascurare. Tuttavia ha poco senso parlarne se nel modello economico non ci sono elementi di base di giustizia sociale e un apparato scolastico statale accessibile a tutti, nelle stesse forme. A questo proposito, l’esperienza di Gagarin dimostra che il figlio di un qualsiasi falegname sovietico aveva le basi materiali per entrare a far parte della storia dell’umanità; mica male per un paese del tanto vituperato socialismo reale!

L’altra riflessione che volevo porre riguarda sia l’approccio nei confronti del progresso, sia inteso come sviluppo che più genericamente come dibattito sui temi ambientali. Allo scorso congresso della Federazione della Sinistra ho sentito alcuni delegati parlare di tematiche come “decrescita felice” e altre teorie contro lo sviluppo economico e scientifico. Pur rendendomi conto dell’importanza di aggregare il maggior numero di soggetti all’interno del nostro schieramento e pur rendendomi conto che, parafrasando Pasolini, molto di quello che ci viene spacciato come progresso non lo è, sostengo comunque che il contributo del nostro Partito nel merito di questa discussione debba essere posto in modo diverso. Ritengo infatti che, per evitare di essere una forza testimoniale, non sia sufficiente schierarsi contro qualcosa senza affrontare nello specifico (o nel migliore dei casi con slogan) le esigenze e le grandi questioni che la quotidianità ci pone. Qualche giorno fa, in un’intervista televisiva, Margherita Hack ha detto che se l’uomo si fosse fermato alle prime difficoltà poste dallo sviluppo scientifico, probabilmente vivrebbe ancora sugli alberi. In che mondo vivremmo se non ci fossero stati comunisti che hanno cercato di portare avanti progresso sociale e progresso scientifico?

ANDREA PARTI

Giovani Comuniste/i – Firenze

12 Aprile 2011

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