Il mondo della conoscenza verso lo sciopero generale

di Filippo Cannizzo* e Luca Franceschi**

Nel pieno di una crisi economica che ancora deve dare il peggio di sé, il mondo della conoscenza ha rotto gli argini di scuole ed università, di istituti culturali e centri di ricerca, ed è esondato in mille rivoli nelle piazze e nei territori, proiettando le proprie attitudini pedagogiche nelle pieghe e nelle piaghe del Pese reale contro chi, cogliendo l’attimo dell’egemonia berlusconiana, vuole di colpo annullare un secolo di battaglie delle idee, di esperienze gigantesche di riorganizzazione sociale e scolastica. Il mondo della conoscenza ha ben compreso che le Riforme Gelmini non sono folclore, bensì rappresentano il punto più insidioso dell’offensiva della destra, dietro la cui scenografia ottocentesca si muove la modernità barbarica del mercato; un mercato che non ha bisogno di individui colti e liberi perché padroni delle conoscenze, ma che necessita di piccole libertà in forma di merce per individui ammaestrati alla competizione e diseducati alla cooperazione.

Negli ultimi mesi, si è stabilita una corrispondenza d’amorosi sensi tra mondo della conoscenza e mondo del lavoro.

Studenti e ricercatori, precari della scuola e docenti universitari, insieme ai movimenti per il diritto all’abitare, per i beni comuni e a difesa dei territori, hanno rotto la separatezza dei propri microcosmi e, attraversandosi nelle piazze con il mondo operaio, hanno investito con domande di senso l’intera società. Il mondo della conoscenza, dunque, si è fatto conflitto politico-sociale, per rivendicare il valore centrale della pubblica istruzione all’interno della società, contro una destra che ritiene tutti gli ambiti del sapere solo delle spese superflue e parassitarie. Rendere nuovamente il sapere patrimonio di pochi, rendere il sapere uno strumento di potere nelle mani dei padroni, è la condizione essenziale per chi vuole sottrarre alle persone ogni controllo sulla propria esistenza, sul proprio lavoro, sui propri sentimenti, sull’ambiente circostante, sulla propria libertà di movimento.

Se questo è il modello barbaro che la destra cerca di imporre, è necessario un sussulto, capace di rivendicare un’idea alternativa di società; di certo, uno degli ingredienti fondamentali di una strategia d’alternativa consiste nell’accumulazione e nella disseminazione di saperi critici. Non c’è ambito del sapere, non c’è paradigma cognitivo che non conosca il vento di una critica che propone la politicizzazione del lavoro e dei saperi, anche perché«i saperi»,  parafrasando Foucault, «non sono fatti solo per conoscere ma, principalmente, per prendere posizione».

Contrastando il paradigma della competizione con quello della cooperazione, il mondo della conoscenza, pertanto, è impegnato in una battaglia che dice chiaramente che la libertà è direttamente proporzionale alla conoscenza, perché non esiste libertà nell’ignoranza: soltanto l’esercizio della padronanza dei saperi fondamentali consente un esercizio pieno di libertà. Ormai, l’intero mondo della conoscenza e il mondo del lavoro, non ancora rassegnati, sono impegnati in una lotta drammatica, che si estende a macchia d’olio e che spesso non fa notizia, contro una destra che auspica una società povera di sapere, contro una destra che promuove analfabetismo di ritorno e, di conseguenza, una società destinata ad una inevitabile regressione tribale.

Le manifestazioni che si sono susseguite nei mesi scorsi, dal16 Ottobre al 14 Dicembre 2010, fino al 28 Gennaio 2011, costituiscono, indubbiamente, i cardini del nuovo rapporto del mondo della conoscenza con quello del lavoro. Nelle molteplici forme di discussione e di conflitto sociale dispiegate nei territori urbani, il mondo della conoscenza e il mondo del lavoro hanno provato a costruire una critica del presente che riguadagnasse porzioni di futuro, realizzando percorsi comuni e pratiche sociali condivise. Altresì, quelle manifestazioni sono state delle tappe di avvicinamento, necessarie, per generalizzare la protesta fino ad arrivare allo sciopero generale. Affinché si arrivi ad uno sciopero generale vero e non di testimonianza, al contrario di quelli degli ultimi anni, perché solo praticando l’opposizione sociale si può costruire una reale alternativa a Marchionne, a Berlusconi e, soprattutto, al berlusconismo in questo Paese.

Perché lo sciopero generale… se non ora, quando?

*Resp. Scuola, Università e Ricerca Prc Lazio

** Rete29Aprile

15 Febbraio 2011

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