17 Novembre: sapere, diritti, felicità. Che le battaglie si incontrino. Che il conflitto esploda

di Matteo Iannitti

Era il 17 novembre 1939. Migliaia di ragazze e ragazzi scendevano in piazza in Cecoslovacchia. Studentesse e studenti che si ribellavano al nazismo e alla guerra. Migliaia di giovani appartenenti a quella sfortunata generazione che visse i regimi nazifascisti, i campi di concentramento, l’atroce guerra. Il sonno della ragione. Quegli studenti furono arrestati e uccisi dall’esercito nazista.

Oggi il mondo non è cambiato. Il futuro è precarietà e disoccupazione, umiliazione e sfruttamento. I sogni hanno lasciato il posto al cinismo individualista. Le piazze sono diventate virtuali ed i balordi sono soli nelle strade e nei palazzi. I “diversi”, che siano essi omosessuali o neri, zingari o romeni, sono espulsi, culturalmente e fisicamente. È violenza e deportazione. I lager sono riempiti da migranti e la società è parimenti silenziosa, connivente e cieca.

All’Impero è succeduta la crescita globale, la competizione internazionale. Parole come PIL, borsa, rating, Maastricht, BCE e fondo monetario internazionale hanno preso il posto di Dio, patria e famiglia. Prima l’allargamento dell’Impero ora i parametri economici europei sono l’unica bussola della politica. A farne le spese, come ieri, lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti. Un’umanità annichilita e stuprata. Un mondo privo di dignità, diritti e felicità. A ridere sono sempre in pochi, sempre gli stessi.

Ma esiste una resistenza che esige un riscatto. Parla inglese nelle strade di Londra mentre si attacca la sede del partito conservatore britannico. Parla greco in un’Atene infiammata dalle bandiere nere, nel nome di Alexis e della giustizia sociale. Parla spagnolo e portoghese nell’America Latina di Marcos e Morales. Parla italiano a Pomigliano, Terzigno, in alto su una gru a Brescia, dentro un provveditorato occupato, nell’aula magna di una scuola autogestita, durante le lezioni universitarie interrotte dalla protesta di studenti e ricercatori.

È una resistenza che esiste ed occupa le piazze. Come il 16 ottobre a Roma, il 30 a Napoli, il 6 novembre contro la repressione.

È un’alleanza sociale tra mondi diversi che hanno incominciato a parlarsi. Studenti, lavoratori, migranti, donne, omosessuali, precari. Un intreccio, spesso esistenziale, pronto a contaminarsi e marciare compatto, con la consapevolezza che non può esistere una gerarchia delle rivendicazioni ma al tempo stesso la miccia del conflitto sociale non può che essere accesa da una giovanissima generazione che sta vedendo smaterializzarsi qualsiasi diritto ed ogni prospettiva.

Per questo scuole e università devono essere il centro dell’elaborazione politica, del conflitto, della riscossa. Luoghi del sapere definitivamente attaccati dai tagli governativi e da una Riforma universitaria che vuole sabotare qualsiasi garanzia democratica all’interno dell’università e vuole cancellare il carattere pubblico e statale dell’istruzione italiana.

Il 17 novembre 2010, settantuno anni dopo le manifestazioni cecoslovacche, vuole essere un nuovo innesco di conflitto sociale. Un altro duro colpo a questo Governo. Un grido di allarme per l’istruzione pubblica italiana.

Le potenzialità perché questo avvenga sono nei fatti. Nella dichiarazione di sciopero dei lavoratori della conoscenza, nelle mille assemblee che si succedono in tutta Italia, nell’adesione dei metalmeccanici alla mobilitazione.

Se il 17 novembre sarà un grande giorno di lotta e conflitto dipende da noi. Dalle nostre scuole, dalle nostre facoltà, dai nostri luoghi di lavoro. Dal nostro coraggio di tornare in piazza, nonostante le tante sconfitte, con l’ambizione, finalmente, di guadagnare un futuro diverso.

MATTEO IANNITTI

Esecutivo nazionale Giovani Comuniste/i

16 Novembre 2010

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