SONO MARCE LE MELE O L’ALBERO?

di Davide Di Lorenzo – Resp. Antifascismo Gc Roma

In questa Italia di moralisti e puritani, dove una vita è una vita e va mantenuta tale anche quando non è più in grado di mangiare, bere, respirare da sola, anche se non è più in grado di sentire, in questa italietta di percezione della sicurezza e lotta tra i poveri, un ragazzo di trentun’anni, in piena salute, entra in carcere per un reato ridicolo (venti grammi di droga) e non ne esce più. I carabinieri accusano la polizia penitenziaria, la polizia accusa carabinieri e medici (che hanno lasciato morire un ragazzo perché a loro dire rifiutava le cure, peccato che non fosse già in uno stato vegetativo) e i ministri competenti (?) assolvono tutti, La Russa garantendo che se ci sono state colpe vanno indagate, ma sicuramente non sono stati i carabinieri (facendosi rispondere che ha perso una buona occasione per stare zitto perfino dal segretario del Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria, Donato Capace), e Alfano affermando che il ragazzo sia caduto dalle scale. Noi non conosciamo le fonti di questi ministri, non sappiamo come abbiano fatto in pochi giorni ad aprire un’inchiesta e già dare la sentenza, ma tutti noi cittadini ci auguriamo che il ministro della giustizia riesca ad applicare questa celerità anche nei confronti del presidente del consiglio.

Nel frattempo mi auguro che questi non siano stati tentativi di deviare le indagini o di insabbiarle (come tante volte è accaduto nella storia di questa fragile repubblica) sempre, si intende, per salvare lo spirito di corpo che anima la buonafede di questi ministri. Però come si sa, a pensar male si fa peccato ma a volte ci si azzecca, e forse questo potrebbe essere uno di quei casi in cui non ci sono solo mele marce isolate che hanno devastato il corpo di questo ragazzo, con il coraggio di chi in gruppo massacra un uomo di 40 chili. In questo caso Stefano è passato tra le mani di più di una forza di polizia e quindi di molti agenti, si può sospettare che non sia uno solo ad aver commesso questa terribile violenza e che ci sia stato più di qualcuno ad aver visto i segni e non si sia insospettito tanto da denunciarli, e magari i casi isolati (Bianzino, Aldrovandi, e chissà quanti altri che potrebbero non aver oltrepassato le mura dei carceri o delle caserme, oppure le azioni di ricatto e intimidazioni cui abbiamo assistito nel caso Marrazzo) non sono proprio tanto isolati, ma fanno parte di una mentalità securitaria e violenta che ha colpito i vari corpi di polizia quanto, e forse più, ha colpito tutto il resto della società. Io non sono spaventato tanto da chi ha commesso questi atti (che spero siano solo una minoranza), ma sono spaventato ancora di più da chi li copre, da chi si nasconde anziché denunciare, da questo silenzio che sembra tanto omertà e che per difendere il già citato spirito di corpo passa sopra ai principi che questi uomini dovrebbero difendere.

Non è più possibile tacere su queste tragedie, ed è necessario che il governo prenda dei provvedimenti chiari per contrastare questo fenomeno. Per questo chiediamo per prima cosa l’introduzione del reato di tortura, affossato dallo scorso governo Berlusconi proprio per le spinte delle forze più reazionarie del governo. Come secondo provvedimento necessario per rendere l’Italia un paese un po’ più civile, chiediamo l’abrogazione della legge Fini-Giovanardi (sulla quale almeno uno dei firmatari ha ammesso di avere qualche perplessità) e una revisione del codice penale così da impedire di arrestare e trattenere in carcere chiunque sia fermato per qualsiasi reato minore, come il possesso di qualche grammo di sostanze stupefacenti, così da prevenire ed impedire che queste mele marce cadano dall’albero proprio quando sotto passa qualche innocente. Infine, per iniziare con il buon esempio, chiediamo che i ministri che si sono affrettati a dare delle sentenze prima che la magistratura potesse fare il proprio lavoro, dimostrino buonsenso e rispetto per le persone che in questo momento stanno soffrendo per questo crimine e si dimettano.

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